Un venerdì 13 che non dimenticheremo mai

In questi giorni, e chissà ancora per quanto tempo, si parlerà della strage di Parigi. Gli attentati, i morti, le vittime innocenti, i terroristi, la guerra di religione… Telegiornali e talk show, pagine di giornali, chiacchierate tra amici consentiranno di esorcizzare la paura che possa accadere anche “a casa nostra”.

Su facebook e altri social media, si affrontano due schieramenti contrapposti: quelli che… “bisogna chiudere le frontiere, i musulmani sono nemici sempre e comunque, bisogna continuare e incrementare i bombardamenti, niente moschee in Italia/Europa” e quelli che… “i bombardamenti sono la causa degli attentati, ‘jus soli’, sì alle moschee, l’Islam non è il male assoluto”.

Ci sono foto o immagini video che hanno fatto la storia della fotografia come la bambina vietnamita che corre nuda e piangente o il miliziano spagnolo nell’attimo in cui muore nella guerra civile, per esempio. La foto simbolo di questo massacro sarà quella che ritrae le persone appese fuori dalla finestra per scampare alla mattanza.

Ancora, l’abbraccio ai parenti delle vittime, come l’italiana Valeria Solesin, che viene descritta come la figlia splendida che tutti i genitori sognano.

Siamo tutti colpiti e la reazione minima è quella del minuto di silenzio ( quello di Bologna dedicato dai partecipanti al Campionato nazionale a squadre di RisiKo!), e proprio dallo scambio di opinioni con i giovani, che dicono “non fate la guerra, giocate a RisiKo!”, che arrivano le analisi più lucide. Abituati a disamine di partite molto più lunghe delle partite stesse, usi ad attaccare in modo incruento territori dai nomi esotici come Kamchatka, Jacuzia, Cita, muovendo carrarmatini colorati, raggiungendo il proprio obiettivo col minimo di perdite, questi strateghi e tattici da tavolo, sostengono:

1) i terroristi volevano la strage in diretta tv (durante l’amichevole di calcio tra le nazionali di Francia e Germania, presente anche il Presidente della Repubblica Hollande) e colpiscono volutamente obiettivi civili, più semplici da perseguire, per incutere più paura nella popolazione;

2) ci sono troppe armi in giro ed è relativamente facile procurarsele. Di fabbricazione ex sovietica, vengono distribuite in Occidente attraverso canali impensabili;

3) c’è un interesse lobbistico (armi, energia, etc.) a mantenere in guerra alcuni paesi;

4) bisogna tenere alta la guardia (politica di Intelligence) ma distribuzione più equa di ricchezza e elevata occupazione consentirebbero di disinnescare sul nascere le dinamiche che possono degenerare facilmente favorendo il tessuto sociale che alimenta la rete terroristica;

5) un ‘cessate il fuoco’, un controllo internazionale dei territori e una politica materiale di ricostruzione degli stessi, contribuirebbero a raggiungere più facilmente il traguardo della cessazione degli atti terroristici;

6) favorire un dialogo tra laici e religiosi, tra religioni diverse e all’interno dell’Islam;

7) insegnare nelle scuole il senso civico, i diritti e doveri alla base delle Costituzioni repubblicane (Italia e Francia ma, più in generale, d’Europa) porterebbero le future generazioni ad essere cittadini consapevoli;

8) diversificare l’approvvigionamento energetico favorendo le energie alternative (non inquinanti) rendendo il petrolio (e le guerre relative) meno indispensabili;

9) vigilare sulle manifestazioni più a rischio come il Giubileo a Roma o il Campionato europeo di calcio in Francia;

10) non lasciarsi influenzare da questi atti, nelle decisioni che si dovranno prendere (appare evidente ai più che gli atti terroristici di Parigi coincidano temporalmente col vertice sulla Siria in svolgimento a Vienna.

E voi, cosa ne pensate?

Autore

2015-11-17

Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.