Protesta degli studenti universitari contro l’ERSU.

Gli studenti chiamano e l'ERSU risponde: lo scorso lunedì 30 settembre si è tenuto a Cagliari un corteo studentesco in segno di protesta contro l’attuale gestione delle case dello studente.

La manifestazione per il diritto all’alloggio ha visto la partecipazione di numerosi studenti che si sono riuniti per far sentire la propria voce riguardo alla situazione sempre più critica degli alloggi universitari. Solo una settimana dopo, lunedì 7 ottobre, l’ente per il diritto allo studio (ERSU) ha pubblicato le graduatorie definitive per l’assegnazione dei posti alloggio nelle case dello studente attualmente disponibili. Tuttavia, la notizia non ha portato il sollievo sperato: solo 218 studenti sono stati dichiarati beneficiari di una sistemazione, mentre inizialmente si era parlato di 238 posti disponibili, con la promessa di ulteriori 122 alloggi presso la sede di via Businco.

A fronte di oltre 500 studenti idonei, la disparità tra chi riceverà un alloggio e chi no è evidente e ingiustificata. Questi studenti si chiedono perché, pur avendo i requisiti, non potranno accedere a un servizio che spetta loro di diritto. La situazione ha scatenato ulteriori polemiche, e la risposta dell’ERSU non ha fatto che alimentare il malcontento. L’ente ha infatti stabilito che chi non ha ricevuto una sistemazione potrà sperare in un ripescaggio a novembre, ma per ottenere una stanza dovrà pagare. Questo ha suscitato l’indignazione dei manifestanti: perché dovrebbero essere costretti a pagare per un alloggio che, in teoria, dovrebbe essere gratuito e garantito? E perché la selezione per il ripescaggio dovrebbe avvenire in base all’ordine di ricezione delle richieste e non secondo il merito?

La pagina social “casestudentecagliari” è diventata un punto di riferimento per gli studenti frustrati, dove si domanda apertamente che fine abbiano fatto le promesse. Gli studenti, ormai sempre più scoraggiati, parlano di un “affitto di diritto da pagare” e chiedono che si smetta di prenderli in giro. La questione resta aperta, e rimane da vedere se qualcuno interverrà per tutelare davvero i diritti degli studenti.

Di Paola Carzedda

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2024-10-24

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