Dopo le recenti elezioni in Repubblica Ceca, si intensificano le trattative per la formazione del nuovo governo. I leader populisti di destra ambiscono a posizioni chiave, tra cui spicca la guida del Ministero degli Affari Esteri. Le discussioni sono in corso per definire la composizione e le priorità della prossima coalizione.
Il movimento ANO guidato da Andrej Babiš si è affermato come il partito di maggioranza alle elezioni del 3-4 ottobre, conquistando 80 seggi su 200 alla Camera bassa con il 34,5% dei voti. Per assicurarsi una solida maggioranza, Babiš è impegnato in colloqui con il partito di estrema destra SPD di Tomio Okamura e con la nuova forza politica Drivers. L’alleanza potenziale tra questi tre partiti raggiungerebbe i 108 seggi.
L’SPD aspira a ottenere da uno a tre ministeri, manifestando la volontà di affidare tali incarichi a “esperti” esterni al parlamento. Questa strategia mira ad evitare possibili tensioni interne al partito. Babiš ha inoltre ventilato l’ipotesi di designare il leader dell’SPD, Tomio Okamura, alla presidenza del parlamento ceco.
Gli euroscettici di Drivers, forti sostenitori dei diritti dei proprietari di automobili e oppositori delle politiche verdi promosse dall’UE, puntano con decisione al Ministero degli Affari Esteri. Philippe Turek, figura di spicco del partito ed ex parlamentare, è considerato il principale candidato per tale ruolo. “È possibile, ma non intendo confermarlo”, ha dichiarato Turek ai media cechi.
Tuttavia, l’ascesa di Turek è stata accompagnata da polemiche, a causa della riemersione di vecchie immagini che lo ritraggono associato a simboli nazisti. Inoltre, un suo ex partner ha presentato una denuncia penale per stupro e abusi, accuse che Turek respinge con fermezza.
Ridefinizione delle relazioni con l’UE
Negli ultimi quattro anni, la politica estera ceca è stata caratterizzata dalla guida del ministro Jan Rypavski, figura di centro e convinto sostenitore dell’Ucraina e di una politica estera basata su valori. Drivers, pur dichiarando di voler mantenere un orientamento filo-occidentale, auspica un approccio più “pragmatico”.
Definendosi un “eurorealista”, Drivers si oppone a ulteriori cessioni di sovranità alle istituzioni europee e promuove un ruolo più incisivo dei governi nazionali nel processo decisionale.
“Siamo critici nei confronti dell’UE, ma non siamo favorevoli a un referendum sull’uscita. Né lo siamo per un referendum sull’uscita dalla NATO”, ha affermato Turek.
Le priorità diplomatiche delineate da Drivers includono:
- L’incremento delle esportazioni
- L’espansione della diplomazia economica
- Il rafforzamento della cooperazione regionale all’interno del Gruppo Visegrad (V4)
Il partito sostiene inoltre un rafforzamento dei legami economici con la Cina, pur mantenendo una linea ferma nei confronti della Russia e escludendo un maggiore coinvolgimento finché il conflitto in Ucraina sarà in corso.
In materia di difesa, Drivers riconosce la NATO come “un importante scudo per l’Occidente”, ma considera “irrealistico” l’obiettivo del 5% del PIL destinato alla spesa per la difesa.
Il ruolo centrale di Babiš nella politica UE
Indipendentemente da chi sarà il prossimo ministro degli Esteri, Andrej Babiš ha ripetutamente sottolineato che la politica dell’UE rimarrà sotto il suo diretto controllo, come già avvenuto durante il suo mandato governativo dal 2017 al 2021.
“Il Primo Ministro partecipa ai vertici più importanti. Deve avere contatti con i leader chiave degli altri paesi. Deve sapersi orientare bene lì.”
Babiš mira a centralizzare il controllo sulla politica europea.
Ciò si tradurrebbe, in pratica, nell’eliminazione dell’attuale figura ministeriale dedicata agli affari europei e in una centralizzazione del potere volta a contestare le decisioni di Bruxelles, opponendosi al Green Deal e all’accordo sulla migrazione, richiedendo l’esenzione dall’ETS2 e promuovendo gli “interessi cechi” per tutelare la sovranità nazionale.
Le implicazioni per la politica estera ceca
La potenziale nomina di un esponente populista alla guida del Ministero degli Esteri ceco solleva interrogativi sulle future strategie diplomatiche del paese. La possibile centralizzazione del potere da parte di Babiš, unita alle posizioni euroscettiche dei suoi alleati, potrebbe portare a un cambiamento significativo nell’approccio della Repubblica Ceca alle questioni europee e internazionali.

