Donne ai margini

DONNE AI MARGINI

Le eredità culturali dei luoghi dell’assistenza, dell’esclusione e dell’emarginazione sociale femminile nel secondo Dopoguerra.

In occasione della Giornata Internazionale Contro la Violenza sulle Donne, si è tenuta un’interessante conferenza dedicata alle memorie delle pazienti ricoverate nei manicomi e alla storia dell’Istituto Buon Pastore, l’ex ospedale psichiatrico di Torino. L’incontro è stato organizzato dalla Presidenza del Consiglio Comunale, dal Dipartimento degli Studi Storici dell’Università di Torino e dalla sezione Politiche Culturali della città.

La conferenza si è svolta nella sfarzosa e imponente Sala Rossa di Palazzo Civico, nel cuore di Torino. La partecipazione è stata numerosa: oltre a esperti e professori dell’Università, che sono intervenuti direttamente nel dibattito, vi erano anche una rappresentanza delle Forze dell’Ordine e molte giovani ragazze; diverse persone, inoltre, hanno potuto seguire la diretta streaming.

La prima parte del convegno è stata intitolata Forme dell’esclusione ed eredità culturali dei luoghi dell’emarginazione e si è incentrata sulla storia dell’Istituto Buon Pastore di Torino. Fondato nel 1843 in via Giulio 22 e gestito dalle suore di Nostra Signora della Carità di Angers, dette appunto del Buon Pastore, l’ospedale psichiatrico della città era inizialmente aperto a uomini e donne, per poi diventare un manicomio esclusivamente femminile. L’edificio era diviso in varie sezioni, ognuna delle quali riservata a un certo tipo di internate: il reparto per le penitenti e le preservate, coloro che rispettivamente dovevano espiare le loro colpe ed evitare di cadere nel peccato; il settore per le alienate e le alterate di mente, cioè donne adulte con disagi psichici che venivano rinchiuse per volontà della loro stessa famiglia; la sezione per le corrigenti, ovvero ragazze minorenni che venivano ricoverate dalle autorità giudiziarie a seguito di denunce da parte della famiglia o delle Forze dell’Ordine; e infine una parte della struttura era riservata alle educande e alle cosiddette maddalene, rispettivamente delle ragazze mandate in Istituto per ricevere un’istruzione e delle ex internate che avevano deciso di rimanere in manicomio per lavorare e pregare. Comunque venissero chiamate, erano due le caratteristiche comuni a tutte le ricoverate: da una parte, la necessità di essere “corrette” dalle loro devianze sessuali e dal loro rifiuto di conformarsi agli stereotipi di genere, dall’altra la violenza a cui erano sottoposte attraverso tutta una serie di maltrattamenti che andavano dalle percosse, all’uso dell’elettroshock, fino al loro sfruttamento in quanto cavie per esperimenti e terapie. Il dolore e la sofferenza di queste donne e ragazze sono contenuti nelle lettere, spesso censurate, che le ricoverate scrivevano e spedivano ai propri cari. Queste missive, alcune delle quali sono state lette nel corso della conferenza tra un intervento e l’altro, spesso contenevano delle esplicite richieste di aiuto, che non sempre venivano accolte dalle famiglie. L’Istituto Buon Pastore ha continuato a funzionare a pieno regime per più di un secolo, fino a quando non cominciarono le prime polemiche sul finire degli Anni ’60 del secolo scorso. In seguito alle numerose proteste, alimentate dal femminismo diffusosi in quel periodo, nel 1970 si raggiunse il compromesso grazie a cui vennero sospese nuove accettazioni all’interno dell’ospedale psichiatrico, il quale fu poi definitivamente chiuso e abbandonato nel 1978, in seguito alla promulgazione della Legge Basaglia. Ma appena un anno dopo l’edificio venne rivendicato dal Movimento delle donne di Torino al fine di trasformarlo nella sede della loro Casa delle Donne. Il Movimento, infatti, sentiva la necessità di avere un proprio luogo dedicato e la scelta ricadde sull’ex manicomio femminile principalmente per due motivi: da un lato, per la sua posizione centrale, e dunque sicura, in città, e dall’altro perché si trattava di un luogo fortemente simbolico e a cui ridare nuova vita. Dopo lunghe trattative con il Comune di Torino, però, il Movimento ha dovuto lasciare l’Istituto Buon Pastore per trasferirsi nei locali del Palazzo dell’Antico Macello di Po in via Vanchiglia 3, sede che viene ancora oggi utilizzata.

Nonostante la sua dismissione, però, il vecchio manicomio femminile di via Giulio non è stato dimenticato. Infatti, la seconda parte dell’incontro, dal titolo Per un progetto di storia applicata: l’ex Istituto Buon Pastore, si è incentrata sulle possibilità del suo recupero e della sua valorizzazione. Al giorno d’oggi, moltissimi edifici purtroppo sono abbandonati perché considerati poco rilevanti a livello architettonico e artistico. Eppure, essi diventerebbero pregiati beni culturali ambientali nel momento in cui si cercasse di dare più importanza al contesto del loro utilizzo e alle memorie che custodiscono. Secondo questa visione, l’ex Istituto Buon Pastore può dunque facilmente diventare un laboratorio di storia applicata, ovvero un luogo che custodisca materiali storici, li promuova nella società contemporanea e li trasmetta alle future generazioni. Il tutto al fine di decostruire e, si spera, eliminare i ruoli stereotipati delle donne in ambito familiare, sessuale, lavorativo, comunitario e, soprattutto, al fine di evitare ulteriori violenze di genere nel prossimo futuro. In questa direzione, sta muovendo i primi passi il progetto pensato da Cogefa, impresa di costruzioni torinese fondata da Teresio Fantini. Obiettivo del progetto è di recuperare, ristrutturare e conservare l’ex Istituto Buon Pastore, in modo da farlo diventare sede della neonata Fondazione dedicata a Teresio Fantini e, inoltre, di trasformarlo in uno spazio in cui allestire mostre e ospitare eventi culturali. All’interno del piano vi è anche alla volontà di sistemare e ridare vita al Giardino presente all’interno delle mura dell’ex manicomio e di intitolarlo a tutte le donne ricoverate al Buon Pastore nel corso degli anni.

In conclusione, si spera che la conferenza abbia realizzato il suo scopo: attraverso le storie del passato, che trasudano dagli edifici nonostante essi siano stati abbandonati, si è voluto comunicare un messaggio forte, un messaggio che contribuisca a eliminare la violenza di genere e che venga colto dalle nuove generazioni e non solo.

Crediti immagine di copertina

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2022-11-28

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