L’Imponente e straordinario Salvataggio dei Tesori archeologici della Cirenaica e della Libia (1941-1943) da parte del famoso archeologo Gennaro Pesce
Le conferenze del 27 aprile 2023 all’Università della Comunità
Il Gruppo Culturale “III Millennio Futuro”, fondato nel 1999 dal dr. Pietro Corona che ancora oggi è il Responsabile Scientifico e l’ ideatore del Corso Culturale l’Università della Comunità, è arrivato quest’anno alla IX edizione.
Come tutti gli anni, questo corso culturale si sviluppa attraverso una serie di interessanti conferenze, escursioni cittadine e gite culturali in Sardegna, che si organizzano tutte le settimane.
Gennaro Pesce: La vicenda umana e professionale dell’uomo e dell’archeologo militante. Pioniere in Libia e in Sardegna
Gennaro Pesce nasce a Napoli il 29 luglio 1902. Dopo essersi laureato in Lettere (110/lode) nel 1927, tra il 1927 e il 1929 frequenta la facoltà di Archeologia a Roma. Nel 1929 vince una borsa di studio per frequentare la prestigiosa Scuola Archeologica Italiana ad Atene, che gli permise poi di partecipare a numerose campagne di scavi in varie località della Grecia e nel Dodecaneso. Nel 1929 viene assunto come salariato alla Soprintendenza di Napoli dove opera con il grande archeologo, il Prof. Amedeo Maiuri. Nel 1933 vince il concorso per Ispettore archeologo di ruolo venendo subito trasferito alla Soprintendenza di Reggio Calabria. Viene poi trasferito dapprima a Torino e poi di nuovo a Napoli dove, oltre ai vari impegni scientifici, collaborerà col professor Maiuri nell’organizzazione della prima grande Mostra delle Terre Italiane d’Oltremare inaugurata dal Re d’Italia il 1° maggio 1940 e quasi subito chiusa per lo scoppio della guerra. In tutte le sedi si mette in luce per l’ampia preparazione scientifica ed il tributo di numerosi scavi e relative pubblicazioni.
Nel 1938 viene trasferito come Ispettore archeologo presso la Soprintendenza a Cagliari e, contemporaneamente, ottiene un prestigioso comando in Nord Africa diventando subito il n° due dell’archeologia libica.
Il 24 febbraio 1939 arriva a Tripoli presentandosi al Soprintendente Giacomo Caputo. Subito assume la titolarità quale Ispettore per la Libia Orientale con sede a Bengasi (un territorio immenso comprendente la Cirenaica e tutta la Marmarica sino al confine con l’Egitto). In Libia permarrà per ben 10 anni. L’operato di Pesce sino a tutto il dicembre 1940 sarà titanico: importanti scavi e studi nella Pentapoli greco-romana. A Cirene scava il Tempio di Zeus; a Tolemaide l’immenso e grandioso Palazzo delle Colonne; ulteriori scavi a Tocra, Apollonia e Barce. Nel 1947 scava il Tempio di Iside a Sabrata. Nel frattempo la guerra infuria e l’epicentro del conflitto arriva a Cirene, sede del supercomando delle truppe italiane al comando del Gen. Rodolfo Graziani, al momento Governatore civile e militare della Libia. Pesce è direttamente e personalmente coinvolto nello scontro tra le truppe dell’Asse e l’Armata inglese del Nilo prima e l’8° armata britannica poi. Pesce viene subito militarizzato con il grado corrispondente a capitano operando, nell’ambito delle proprie competenze archeologiche, alle dirette dipendenze di Graziani, già tristemente noto e passato alla storia per aver “pacificato”, negli anni ’30, l’interno della Libia con atrocità di ogni tipo.
Il 7 gennaio 1941 Pesce, riceve l’ordine di presentarsi immediatamente al Gen. Graziani a Cirene che gli comunica l’inizio della la ritirata delle truppe italo-tedesche ordinandogli, senza alcun preavviso, di prepararsi a salvare nel più breve tempo possibile tutto il patrimonio archeologico della Cirenaica. Una responsabilità pazzesca. Un patrimonio immenso costituito non solo da enormi statue, ma anche da migliaia di medi e piccoli reperti e, soprattutto, dalle varie oreficerie e tanti piccoli oggetti di valori di vario tipo frutto degli scavi condotti, dal 1910 in poi, dalle varie missioni di scavo italiane. Inizia così una delle più straordinarie imprese di salvataggio condotta da un archeologo in zona di guerra. Grazie a decine e decine di autocarri e truppe messegli a disposizioni da Graziani prima e poi dai suoi successori, i gen. Gariboldi e Bastico, fra alterne vicende durate circa un anno e mezzo, spesso a rischio della propria incolumità fisica e di carriera, Pesce riuscirà a salvare felicemente l’intero patrimonio archeologica della Cirenaica. Tutti i reperti verranno trasportati di volta in volta prima da Cirene a Bengasi e poi da Bengasi a Leptis Magna dove verranno accuratamente nascosti ed infine, nel novembre 1942, Pesce provvederà a salvare buona parte del patrimonio archeologico di Tripoli sotterrandolo, all’insaputa degli “alleati” tedeschi, a Sabrata. Per questa eccezionale impresa che non ha eguali in Italia ed in zona di guerra, sarà poi insignito, nel settembre 1942, dal Re d’Italia della Medaglia d’argento. Dei Benemeriti dell’Arte e della Cultura. Impresa riconosciuta anche dagli stessi inglesi. Nel novembre 1942, partito improvvisamente in missione in Italia il titolare della soprintendenza G. Caputo, Pesce viene nominato Soprintendente reggente per tutta la Libia dal Governatore militare Ettore Bastico. In tale nuova veste e responsabilità, Pesce, su sua proposta ed ordine del Governatorato, provvederà a salvare anche l’ormai famoso “tesoro archeologico della Libia” facendolo imbarcare sull’ultima nave ospedale, la Gradisca, scortato da un ufficiale dei carabinieri. Il tesoro giungerà, sano e salvo, a Napoli il 6 gennaio 1943 e preso in consegna dal Ministero dell’Africa Italiana. Il 23 gennaio 1943, dopo la caduta di Tripoli, Pesce, che nel frattempo si era riparato a Sabrata insieme a tutto il personale della soprintendenza e relative famiglie, avrà un casuale incontro con due ufficiali inglesi ai quali presenta la resa della soprintendenza. Sottoposto ad interrogatorio, rivelerà l’ubicazione di tutte le zone minate dai tedeschi attorno al museo durante la loro ritirata. Dopo aver stabilito con un protocollo di tutela per i monumenti Pesce torna a Tripoli dove gli inglesi, ormai padroni della città, gli riconosceranno le funzioni di soprintendente reggente, sia pure sottoposto alla loro autorità.
Pesce cesserà dal comando in Libia il 30 novembre 1948 quando, dopo essere stato promosso Direttore per meriti speciali, verrà rimpatriato in Italia insieme a tutta la famiglia con la qualifica di profugo.
Il 6 gennaio 1949 arriverà a Cagliari, dove assumerà la reggenza della Soprintendenza sarda. Qui verrà ricevuto dal giovane Ispettore Giovanni Lilliu, col quale collaborerà efficacemente nel valorizzare il patrimonio archeologico sardo. Insieme organizzerà, a Roma, Milano, Venezia e varie città europee, tutta una serie di mostre sui bronzetti nuragici facendo conoscere, per la prima volta fuori della Sardegna, quale Ambasciatore di cultura, la civiltà nuragica.
Nel 1954 viene promosso a soprintendente titolare per le Province di Cagliari e Oristano.
Nel 1959 e 1960, con Ferruccio Barrecca, nuovo Ispettore archeologo dal 1957, organizza, prima a Sassari e poi a Cagliari, una mostra sulla civiltà fenicio-punica in Sardegna che viene inaugurata alla presenza del Presidente della Repubblica Antonio Segni. Una mostra che conseguirà un grande successo di pubblico. Riorganizza la soprintendenza. Firma i grandi scavi di Nora (1952-1960) e Tharros (1956-1966), cui seguono altre importanti indagini di scavo sia a Cagliari (la c.d. “Villa di Tigellio”) e in altri luoghi (Bithia), Sulcis, Neapolis ed altri. Nel 1963, in piena sinergia con il grande Sabatino Moscati, quali capi-missioni, firmeranno il primo scavo a Monte Sirai. Con grande liberalità, apre l’archeologia sarda a studiosi e Università sia italiani sia stranieri. Collabora con le principali Enciclopedie dell’Arte Italiana (Treccani ed altre). Dal 1950 al 1967 insegna, quale Libero Docente, Storia dell’Arte greco-romana presso l’Ateneo cagliaritano. Tra le centinaia di pubblicazioni, spiccano, in particolare, “Sarcofagi romani di Sardegna” (1957); “Sardegna Punica” (1961); “Guida di Nora (Ed. 1972). Infine l’ultima sua fatica: “Il libro delle Sfingi. Il culto dei massimi Dei dell’Egitto in Sardegna” (1978). Numerose le onorificenze e riconoscimenti italiani e stranieri.
Muore a Cagliari l’8 gennaio 1984, all’età di 82 anni. La Sardegna e i sardi gli devono molto.