Uno studente ha aggredito verbalmente un insegnante di educazione fisica in una scuola vicino Milano. Durante la lezione, il ragazzo ha minacciato davanti a tutti i suoi compagni testimoni dell’accaduto: “Ci vediamo appena finisce la scuola, questa non è una minaccia, questo è un avvertimento, le regole non valgono per me, mi avete sospeso per 25 giorni”. Dopo queste parole lo studente è stato condannato dal Tribunale per i Minorenni e dalla Corte d’Appello di Milano per resistenza a pubblico ufficiale. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha recentemente annullato la condanna, disponendo l’inizio di un nuovo processo di secondo grado. In effetti, non vi è stata alcuna resistenza da parte del giudice.
Secondo l’interpretazione del giudice, la sentenza non può essere valutata come minaccia effettiva o, in senso stretto, come resistenza a pubblico ufficiale, poiché, di fatto, il provvedimento disciplinare nei confronti del ragazzo è già stato formalmente deciso, e il ragazzo non ha quindi agito con l’obiettivo di eludere la sanzione. Pertanto le sue parole sarebbero state valutate come una “protesta” nei confronti di fatti già accaduti.
Come ha sottolineato il giudice, «il delitto di resistenza a pubblico ufficiale presuppone espressamente che l’illecito sia finalizzato, in ultima analisi, ad impedire il compimento dell’atto del pubblico ufficiale, e richiede quindi un dolo specifico». E così non è: “Questa sentenza è chiaramente una sorta di denuncia ingiustificata contro le misure adottate in precedenza”. Per il giudice tali espressioni non costituiscono resistenza nei confronti del pubblico ufficiale “se non dimostrano chiaramente l’intenzione di opporsi al compimento di un atto d’ufficio”, ma rappresentano piuttosto “una forma di contestazione dell’attività pregressa svolta dal pubblico ufficiale”.
Nello specifico, lo studente imputato “nell’esercizio delle sue funzioni di pubblico ufficiale, ha pronunciato una frase minacciosa diffamatoria nei confronti del pubblico dipendente. Tuttavia, poiché il giudice di merito non ha mai confermato che lo scopo della minaccia fosse quello di impedire allo studente di proseguire le lezioni piuttosto che adottare ulteriori provvedimenti disciplinari, viene meno lo scopo della minaccia di impedirgli di svolgere i suoi doveri d’ufficio.” Pertanto, quando la resistenza viene eliminata, essa può assumere la forma di insulti o intimidazioni per gli studenti. Il tutto, però, si concluderà attraverso il processo di appello disposto dalla Corte Suprema.

