All’Unione Sarda l’incontro “Intelligenza artificiale e Chat GPT”

I giornalisti si interrogano sul loro futuro

Il 15 marzo, presso la Sala Conferenze dell’Unione Sarda a Cagliari, si è tenuto un incontro su “Intelligenza artificiale e Chat GPT”, al quale hanno partecipato il Presidente dell’Odg Sardegna Francesco Birocchi, il consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Giuseppe Murru, il giornalista tech e digital per Italian Tech Dario D’Elia, l’avvocato Francesco Paolo Micozzi e la docente universitaria e ricercatrice Francesca Ervas

Argomento principale dell’evento è stato il funzionamento di Chat GPT e la preoccupazione da parte dei giornalisti, poiché traendo le informazioni da un database pressoché infinito, questo strumento potrebbe essere utilizzato come loro sostituto per la creazione di articoli giornalistici.

Chat GPT è un chatbot di intelligenza artificiale, lanciato il 30 novembre 2022 dalla Open AI, che permette all’utente di sostenere una conversazione virtuale ricevendo risposte esaurienti su qualsiasi argomento.  

Come ha spiegato il giornalista Dario D’Elia, innanzitutto la dicitura GPT sta per Trasformatore Generativo Pre-addestrato. Ovvero, siamo di fronte ad una sorta di “architettura di rete neurale” che crea testi a partire da zero, ma che allo stesso tempo si affida ad una quantità smisurata di informazioni (prive di verifica ed autorevolezza) per generarli. 

Chat GPT utilizza (nel secondo aggiornamento del 2020) ben 175 miliardi di parametri e un corpus formato da 300 milioni di testi (a discapito dei “soli” 7000 libri che formavano il corpus nel 2018). In sostanza, però, ”non sa nulla”. Nasce, infatti, come analizzatore di testi e applica la statistica, calcolando quali siano le parole più usate. 

Sono state aggiunte anche delle variabili per aumentare il numero di vocaboli a disposizione. 

GPT 3.0 è in grado di suggerire curiosità, chiacchierare, fornire risposte a domande, sa scrivere abbastanza bene, domina le conoscenze. Rimangono, però, ancora incognite su chi “domina” e sulle fonti

In riferimento a quest’ultimo aspetto, il Presidente Birocchi ha esposto le sue preoccupazioni: un giornalista che si rispetti deve, infatti, necessariamente citare le fonti che ha utilizzato. Quindi l’incapacità di Chat GPT di definire con precisione le proprie è un problema non indifferente. Birocchi cita come esempio il quotidiano online mammemagazine.it nel quale vengono forniti consigli sulla maternità. Questo sito risulta privo di gerenza (non si conosce l’identità del direttore né degli autori) e potrebbe, pertanto, essere stato creato tramite l’uso di un’intelligenza artificiale. L’unica cosa certa è che le informazioni provengono da engage.it, altro sito anonimo. 

Riguardo le intelligenze artificiali in generale, Birocchi sostiene “Queste tecnologie sono delle opportunità, ma allo stesso tempo un rischio che mette in pericolo l’attività giornalistica”. 

Francesca Ervas ha incentrato il suo discorso strettamente sul linguaggio utilizzato da Chat GPT e sul suo problema principale: l’inaffidabilità. Per lei il programma restituisce frasi perfettamente coese e coerenti, dando l’impressione ai lettori non esperti in materia che la risposta sia corretta, quando in realtà le informazioni non sempre sono vere. Se dispone delle informazioni corrette è però in grado di correggere l’utente quando riceve da lui informazioni false. 

Inoltre, dovendo rispettare un codice deontologico (a differenza del suo “antagonista” DAN, Do Anything Now ), gli vengono imposti dei limiti. Per esempio non gli è consentito utilizzare, né può permettere che vengano utilizzati termini denigratori, che tuttavia è in grado di riconoscere solo se scritti in forma letteraria e non metaforica.  

L’avvocato Micozzi sostiene che l’idea di fondo in un’intelligenza artificiale consista nel “poter dare l’impressione anche all’ignorante di essere acculturato”. 

Successivamente spiega alcuni primi esempi di utilizzo di intelligenza artificiale e riprende l’esperimento The imitation game di Alan Turing, nel quale un interlocutore doveva porre contemporaneamente delle domande ad un essere umano e ad una macchina e doveva cercare di definire l’identità dell’uno e dell’altro solo attraverso le risposte ricevute. 

Spiega poi come sia praticamente impossibile ricostruire i passaggi di un algoritmo complesso, o blackbox, che definisce come “una sorta di catena di micro operazioni semplici e basilari (…). Più questa catena si ramifica maggiore è la capacità computazionale”. 

Si focalizza, successivamente, sul problema controverso del diritto d’autore. Infatti, poiché quest’ultimo è stato creato esclusivamente come riservato agli esseri umani, in tutti quei casi in cui una determinata opera è stata creata per esempio da un animale (vedi caso del selfie del macaco) o da un’intelligenza artificiale (vedi il caso della scenografia di Sanremo 2016), si creano delle controversie e solitamente si decide che queste creazioni diventino di pubblico dominio. 

Si è pensato, nel caso dei prodotti delle intelligenze artificiali (con le quali l’uomo non è in grado di competere, soprattutto per la velocità di esecuzione), di affidare i diritti d’autore a chi è stato responsabile di crearne i rispettivi algoritmi ma, in questo modo, si dovrebbe dimostrare di essere in possesso anche dei diritti “sul codice prodotto dal codice (dalla macchina)”.

Micozzi conclude con una riflessione personale. Secondo lui prima o poi la legislazione rispetto all’ambito dei diritti d’autore potrebbe mutare e l’Europa potrebbe decidere di attribuirli anche alle macchine.

Si parla già, infatti, di riconoscere la personalità giuridica delle macchine, in base al loro grado di autonomia. Esse potrebbero, quindi, essere imputabili di diritti e si stanno valutando soluzioni alternative a livello penale, anche se il problema maggiore rimarrebbe comunque l’assenza di limiti territoriali entro i quali queste intelligenze agiscono. 

Claudio Simbula, giornalista intervenuto nel corso del dibattito, ritiene che Chat GPT possa essere un assistente più che un’intelligenza artificiale per chi vive di un mestiere creativo come il giornalista, utile per esempio per modificare il “tono di voce” di un testo. 

Dice Simbula “Gli ho chiesto di scrivere una canzone con lo stile dei Bluvertigo (…) e ha tirato giù un pezzo che se Morgan lo sentisse direbbe <Non è neanche male!>. E allora gli ho chiesto <Puoi riformularlo con lo stile dei Coma Cose?> e anche lì ha modificato. Per cui mi chiedo <Qual è la differenza a livello di creatività fra quello che sta facendo adesso Chat GPT e quello che potremmo fare noi?>”.

Il giornalista conclude la sua riflessione domandandosi quali dovrebbero essere a livello etico i limiti di questo strumento e sostiene che i giornalisti non dovrebbero preoccuparsi di essere sostituiti perché si tratta di un ausilio che funziona solo sulla base del lavoro del giornalista vero e proprio.

Come ricorda infine D’Elia, Chat GPT è solo uno dei tanti esempi di intelligenza artificiale presenti ad oggi, infatti queste agiscono in diversi ambiti come il riconoscimento per immagine, la business analysis, gli algoritmi previsionali e, ultimamente, anche in ambito musicale per realizzare nuovi brani a partire dalla voce di artisti noti (vedi il video pubblicato sulla pagina instagram Worldy Music). 

Video-intervista dopo l’evento all’Avvocato Francesco Paolo Micozzi
Video-intervista dopo l’evento al giornalista Dario D’Elia

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2023-03-17

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