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Henné e malattie del fegato: quale legame?

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Uno studio dell’Università Metropolitana di Osaka, condotto da Tsutomu Matsubara e Atsuko Daikoku, ha rivelato che il Lawsone, pigmento attivo dell’henné (Lawsonia inermis), potrebbe agire come inibitore dell’attivazione delle cellule staminali epatiche. La ricerca, pubblicata su Biomedicina & Farmacoterapia, suggerisce potenziali implicazioni per il trattamento della fibrosi epatica.

Lo studio ha l’obiettivo di individuare composti naturali capaci di modulare l’attivazione delle cellule stellate epatiche e ridurre la fibrosi, con lo scopo di fornire nuove strategie terapeutiche per le malattie epatiche croniche. I risultati indicano che il Lawsone ha ridotto i marcatori di fibrosi epatica in modelli animali, suggerendo effetti antifibrotici e aprendo la strada allo sviluppo di farmaci mirati alle cellule staminali epatiche attivate.

“L’identificazione dei composti che modulano direttamente le cellule staminali epatiche attivate è fondamentale per il controllo della fibrosi”, ha affermato il professor Matsubara. Secondo il professore, la Lawsonia inermis “può fornire un modo innovativo per modulare la fibrosi epatica e ha anche potenziali implicazioni terapeutiche”. La scoperta potrebbe far progredire lo sviluppo di farmaci antifibrotici a base di lawone per il trattamento della fibrosi epatica avanzata.

I piani futuri dei ricercatori includono il perfezionamento della somministrazione mirata alle cellule staminali e ulteriori test in modelli più completi per valutarne la sicurezza e l’efficacia. I dati preliminari ottenuti sui modelli animali evidenziano la necessità di ulteriori studi sull’efficacia e sulla sicurezza e di una valutazione a lungo termine negli esseri umani. La ricerca suggerisce che derivati ​​naturali come il lawone possono fornire una nuova strategia per contrastare la fibrosi epatica, aprendo potenziali strade per la terapia di rigenerazione del fegato modulando l’attività delle cellule staminali coinvolte.

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