Giuseppe Masala

Intervista a Giuseppe Masala

Giuseppe Masala, con i suoi oltre 18 mila e 600 followers su FB, dove io l’ho conosciuto, offre visioni di economia, geopolitica e cultura che meritano di essere approfondite.

Nasce in Sardegna nel 1972 dato non trovato. In ogni caso nasce in Sardegna ed e’ un uomo ancora giovane.

Si laurea in economia e si specializza in “finanza etica”. Coltiva due passioni, il linguaggio Python e la Letteratura. Ha pubblicato il romanzo (che nelle sue ambizioni dovrebbe essere il primo di una trilogia), “Una semplice formalità” vincitore della terza edizione del premio letterario “Città di Dolianova” e pubblicato anche in Francia con il titolo “Une simple formalité” e un racconto “Therachia, breve storia di una parola infame” pubblicato in una raccolta da Historica Edizioni. Ha pubblicato per LAD Edizioni e La Città del sole il suo ultimo (per ora) romanzo Ananke. E’ redattore della testata giornalistica on-line L’Anti diplomatico e saltuariamente scrive per L’Identità, diretta da Tommaso Cerno.

Economia. Prima la Pandemia, da oltre un anno la guerra in Ucraina, le sanzioni alla Russia, la crisi energetica, quella climatica, la crisi delle banche, la possibilità certa per il dollaro di non essere più la moneta prestabilita per gli scambi internazionali, la sempre enigmatica Cina, che previsione si sente di poter avanzare per il nostro Paese in termini di sopravvivenza per i settori produttivi?

Premesso che è difficilissimo fare previsioni in un tornante della storia epocale come quello che stiamo vivendo; non mi pare sbagliato essere enormemente preoccupati per l’Europa. La politica miope della competitività internazionale imposta tramite la deflazione salariale e il taglio di qualsiasi spesa ritenuta superflua al fine di rispettare dei trattati europei discutibilissimi ci si è rivoltata contro e abbiamo accumulato ritardi giganteschi rispetto a USA, Cina, Giappone e Corea del Sud per quanto riguarda Intelligenza Artificiale, Blockchain, infrastrutturazione dello spazio (pensiamo all’enorme costellazione di satelliti di Elon Musk, la Starlink), pensiamo alla convergenza tra scienze della vita e informatica, ma anche all’elettrificazione del parco auto dove la Cina ha un vantaggio competitivo enorme. Insomma, siamo arretrati in tutti i settori più promettenti. Anzi, paradossalmente siamo ricchissimi come Europa e arretrati. Che è un paradosso solo apparente: gli avari spessissimo vivono in povertà al fine di accumulare aridamente ricchezze. Così è stata l’Europa, che per seguire i diktat della Merkel ha fatto una concorrenza spietata a tutti in giro per il mondo, grazie alle spese tirate all’osso, ma stupidamente non ha reinvestito le ricchezze e ora non siamo più competitivi sul fronte dell’innovazione tecnologica. Dall’altro lato le sanzioni alla Russia, causate dalle guerra ucraina, hanno fatto schizzare i costi dell’energia in Europa rendendoci non competitivi manco sul fronte dei costi di produzione bassi. Risultato finale di questi due elementi: rischiamo seriamente la desertificazione industriale con le aziende europee che si spostano verso altri lidi per sopravvivere. Una vera catastrofe.

Per quanto riguarda la moneta standard degli scambi internazionali – che è il dollaro Usa dai tempi degli accordi di Bretton Woods – i paesi del Brics sembra siano intenzionati a trovare alternative. Non so se ce la faranno nel medio termine, l’unica cosa che so è che gli americani non consentiranno questo cambio fino a quando il loro debito estero (in termini tecnici si chiama NIIP, Net International Investment Position) non verrà riassorbito. Lasciare che il dollaro venga sostituito senza che prima il NIIP statunitense non ritorni su livelli accettabili significa porre a repentaglio la stabilità economica e sociale americana. Washington darà certamente battaglia se qualcuno ci prova seriamente.

Guerra Russia Ucraina. La politica e i media hanno cercato di creare due fazioni all’interno dell’opinione pubblica facendo leva su due concetti sempre contrapposti “ invasori e invasi “ buoni o cattivi, “il bene o il male”. C’era e c’ e’ un altro modo per raccontare gli eventi senza sconfinare nel tifo e rimanendo ben saldi nella verità storica oggettiva, tendendo le mani a tutti i popoli coinvolti direttamente e indirettamente?

Anche qui una premessa. Viviamo una guerra che è anche guerra di informazione dove ormai tutte e due le parti in conflitto tendono a dissimulare e ad elevare cortine fumogene ma una cosa è certa, la guerra esplosa a Febbraio 2022 è in realtà iniziata nel 2014 con il colpo di stato filo occidentale di Majdan. Pochi lo ricordano, ma con quel colpo di stato sono stati esclusi tutti i partiti filorussi come per esempio il Partito delle Regioni e il Partito Comunista Ucraino, sono stati cambiati giudici compresi quelli della Corte Costituzionale, sono state chiuse tv e giornali filo russi. Per la precisione sono stati anche ammazzati giornalisti e scrittori filo russi. Qualcuno aveva dubbi che i filo occidentali non avrebbero vinto le elezioni? E’ democrazia se elimini l’opposizione e organizzi le elezioni dove in competizione sono l’Alfano ucraino, il segretario di Alfano e l’industriale amico di Alfano? Dico Alfano tanto per dire, sia chiaro…nulla contro l’ex ministro degli esteri italiano.

Per la sua seconda domanda cosa dire? Sì, c’è un altro modo di raccontare ila guerra ucraina; basta non accontentarsi delle veline che arrivano dai servizi occidentali e provare a ragionare con la propria testa; possibilmente domandandosi chi aveva interesse a che la situazione deflagrasse in un conflitto aperto. La risposta è semplice, conveniva a Washington che aveva anche buone ragioni legate alla concorrenza commerciale folle – come abbiamo detto prima – fatta dall’Europa contro le aziende USA che hanno causato l’abnorme aumento del debito estero statunitense. Aver fatto uscire l’orso russo dalla tana con la provocazione in Ucraina ha consentito agli americani di imporre sanzioni autolesioniste per l’Europa contro la Russia con il risultato finale che gli USA ci hanno minato la competitività e ci stanno spennando come polli con il gas GNL proveniente da oltre atlantico a prezzi quattro volte più alti di quelli pagati ai russi.

Denatalità, immigrazione incontrollata la nostra identità è a rischio? O l’abbiamo in fin dei conti già persa con la globalizzazione? Quando siamo identitari di qualcosa?

Le migrazioni ci sono sempre state e fanno parte delle caratteristiche umane. Ciò che rende diverso il fenomeno attuale è l’estrema velocità con la quale si stanno verificando; cosa questa che rende molto difficile l’inclusione. L’ondata migratoria sta generando sradicati tra i migranti e impauriti tra gli autoctoni, quindi difficilmente porterà a reale crescita sociale e culturale. Le uniche ragioni che sembrano essere preservate sono quelle del danaro e del capitalismo che hanno bisogno di continue nuove braccia da buttare nella fornace della produzione incurante di tutto il resto come dimostrano le enormi baraccopoli del sud Italia popolate da braccianti agricoli clandestini proveniente dall’Africa.

Per quanto riguarda la sindrome del Panda che ha colpito gli italiani mi è davvero difficile trovare risposte plausibili, probabilmente non sono manco la persona adatta per rispondere. Se pensiamo alla Sardegna che ha avuto nel 2022 dodici morti ogni mille abitanti a fronte di soli 5 nati sempre per mille abitanti dico solo che è giusto iniziare a preoccuparsene seriamente.

Una parola a cui si sente particolarmente legato come suono e significato? Perché?

Mi sento legato ad una parola tedesca, che in italiano è intraducibile: Kultur, cultura. Intraducibile perché in tedesco la parola ha un pathos enorme che non rimanda se tradotta. Kultur significa cultura ancestrale; valori eterni e universali custoditi da un popolo per migliaia di anni. Dove i valori propri di quella specifica Kultur rispecchiano le caratteristiche di quello specifico popolo. Ecco perché al termine tedesco Kultur spesso sono associate le parole “blut und boden”, sangue e suolo. Un popolo, una terra e una cultura. Sempre in tedesco, alla Kultur, viene contrapposta la Zivilisation, la civilizzazione. Ovvero – almeno nella definizione che ne da Thomas Mann – i valori della civiltà, la razionalità, l’illuminismo, l’universalismo e l’umanitarismo. Ecco, Thomas Mann nel suo “Impolitico” diceva che la Germania era una terra stretta tra terra e mare, tra Kultur e Zivilisation. Anche la Sardegna è stretta tra terra e mare, o come dico io tra Tharros (zivilisation) e Pozzo Sacro di Santa Cristina (Kultur). E infatti i tedeschi che hanno capito perfettamente questo tratto comune tra noi e loro amano profondamente la Sardegna. Nelle loro università si insegna la lingua e la cultura sarda dalla fine del 700, oppure il primo che scrisse una grammatica e un vocabolario “in limba” dando dignità di lingua al sardo (e dunque dignità di popolo agli abitanti che parlavano sardo) fu un tedesco, Max Leopold Wagner. Le più belle, sincere e profonde parole scritte da un viaggiatore sulla Sardegna sono, guarda caso, di un tedesco, mi riferisco a Ernst Jünger. E a lungo potrei continuare…diciamo che la Sardegna e la Germania hanno questo senso profondo della Kultur in comune. I tedeschi lo sanno, i sardi no. E forse questa è un gran bene: potremmo rovinare l’incanto.

Un luogo di Sardegna suggestivo che si sente di proporre a chi e’ in cerca di se stesso?

Come le dicevo prima, Tharros (zivilisation) e Santa Cristina (kultur) rappresentano perfettamente la nostra terra. Se preferisce potrei anche dire, Nora (zivilisation) e Barumini (kultur). E potrei fare mille altri esempi di luoghi che in contrapposizione rappresentano perfettamente il nostro spirito che nasce dallo scontro tra il mare e la terra, tra Kultur e Zivilisation…

Il suo prossimo libro?

Non so quando vedrà la luce, ma se succederà sarà senz’altro una storia che proverà a mettere in luce qualcuna delle mille contraddizioni della nostra epoca.

Autore

2023-04-24

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