Libertà di stampa e d’espressione

Libertà di stampa e d’espressione

Preoccupazione e nuove legislazioni dell’Ordine dei Giornalisti

Nel corso del convegno “60 anni dell’Ordine dei giornalisti. Il futuro della libertà di stampa nell’era digitale” erano stati dibattuti temi riguardanti i cambiamenti della professione giornalistica, la riforma dell’Ordine, il rapporto con la comunicazione e la lotta alle fake news.

In quell’occasione Carlo Bartoli, facendo riferimento alla volontà di ottenere una Riforma che permetta l’accesso alla professione per chi ancora oggi ne è escluso, aveva sostenuto – “L’Ordine è chiamato a un cambio di passo radicale. Dobbiamo essere in grado di non avere un atteggiamento di demonizzazione, ma di inclusione per quante più forme di giornalismo riusciamo a ricondurre all’Ordine e alla deontologia. L’informazione soffre il ritardo atavico di una legislazione non al passo con i tempi. Norme come quella sulla ‘presunzione d’innocenza’ o sul ‘diritto all’oblio’ hanno reso inoltre più difficile il lavoro dei giornalisti. In uno scenario complesso come quello attuale, nostro compito è non demonizzare le nuove figure che ruotano intorno al mondo dell’informazione” e, nel ricordare come la libertà d’informazione sia difficile in Europa aggiunge – “Le cause sono molteplici e sono imputabili al ritardo nell’aggiornamento delle norme sulla diffamazione, alle liti temerarie e a causa dell’introduzione di norme oggettivamente peggiorative, quali quella sulla presunzione innocenza o sul diritto all’oblio normato in maniera rudimentale. Anche la polemica sulle intercettazioni non contribuisce a favorire la libertà d’informazione. Il Rapporto annuale 2023 sull’attività della Piattaforma per la promozione della protezione del giornalismo e della sicurezza dei giornalisti del Consiglio d’Europa, ha evidenziato che l’Italia è uno dei Paesi del Consiglio d’Europa, in cui i giornalisti sono sempre più spesso portati in giudizio per diffamazione ed è tra gli Stati in cui si è registrato il più alto numero di casi di molestie, intimidazioni e campagne denigratorie nei loro confronti. L’allarme è stato confermato dal portavoce della Conferenza Episcopale Italiana che ha favorito l’aprirsi di un dibattito su queste tematiche nel quale è intervenuto anche l’Agcom, che ha ribadito come le querele temerarie rappresentino un fenomeno di particolare gravità perché in grado di condizionare o compromettere la libertà di espressione, non solo per gli effetti che producono, ma anche per una più generale intimidazione indirizzata all’intero settore dell’informazione. Agcom ha proposto al Parlamento un intervento legislativo organico in materia di minacce alla professione ed ha annunciato incontri con i rappresentanti dell’Ordine dei Giornalisti a cui saremo felici di partecipare. Tre sono i disegni di legge presentati: quello dei deputati Verini, Mirabelli, Rossomando, Bazoli sulla diffamazione; quello di Mirabelli, Fina e Martella sulle liti temerarie e un altro di Balboni sulla diffamazione. In questo quadro, che presenta anche delle positività, qualcosa si muove e vogliamo credere che il 2023 sarà l’anno della svolta. Il lavoro di sensibilizzazione, di dialogo in corso con istituzioni e forze politiche inizia a dare segnali positivi. Ma i segnali non bastano, occorre decidere: presto e bene”.

Riprendendo quanto detto da Bartoli, il Viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto (nel corso del Premio Giornalista dell’anno Michele Campione) dichiara che sia in atto – “la definizione di nuovi ed evoluti criteri sull’art.34 della legge ordinistica sull’accesso e la formazione dei giornalisti, unitamente ad altri importanti passaggi che possono costantemente garantire un monitoraggio, che non è una forma di controllo, ma una forma di interattività per verificare che non ci siano sbavature nel rapporto tra libertà di stampa e istituzioni”.

Afferma poi – “Tra il Ministero e l’Ordine c’è una collaborazione tra ‘primi inter pares’, siamo insieme ai giornalisti, sullo stesso terreno, perché la loro professione possa essere tutelata in modo conforme alla Costituzione e alle regole. Il rispetto delle regole nasce dalla cultura, più cultura c’è, più c’è legalità. Da questo punto di vista mi pare che il Premio Campione mettendo insieme parole, pensieri e poesia, reiteri il quesito che Lucio Battisti poneva in quella sua famosa canzone ‘Che ne sai?’. Il giornalista informa quotidianamente un pubblico che non sa, questa è la sua funzione fondamentale. Riprendendo poi la famosa trilogia di Italo Calvino, possiamo dire che il giornalista non è un cavaliere inesistente, né un visconte dimezzato ma un barone nobile e rampante per il mantenimento dei livelli costituzionali, istituzionali e democratici del nostro Paese”.

La libertà di espressione si dimostra uno dei temi che più preoccupa l’Ordine dei Giornalisti il quale, come affermato dal ministro Sisto, sta cecando soluzioni legislative per far sì che questa libertà sia garantita all’interno delle varie istituzioni.

Negli ultimi anni a preoccupare l’Ordine Nazionale dei Giornalisti sono in particolare due episodi che, in qualche modo, ledono questa libertà.

Il primo riguarda è la “riapertura” dell’Unità, storico giornale di sinistra fondato da Antonio Gramsci, dopo la chiusura avvenuta 6 anni fa per volere dell’editore Pessina.

A fronte della riapertura, però, tutti i giornalisti che negli anni si sono battuti per la storica testata sono stati licenziati.

Il 18 aprile l’Unità tornerà in edicola. Ma senza le giornaliste e i giornalisti che la storica testata della sinistra hanno difeso e fatto vivere anche negli anni bui e dolorosi della sua chiusura. In questo nuovo progetto editoriale noi, lavoratori dell’Unità licenziati nei giorni scorsi dal curatore fallimentare, semplicemente non esistiamo. Cancellati!” – denunciano, in un comunicato stampa, il Cdr e i redattori – “Il direttore designato Piero Sansonetti dirigerà un giornale realizzato, sia nella parte cartacea che in quella online, dai redattori de Il Riformista. I giornalisti e i poligrafici dell’Unità non saranno della partita. Viene, infatti, ignorata una questione cruciale, sancita da sentenze che fanno giurisprudenza: la testata sono anche i suoi lavoratori. Un legame indissolubile. Il 18 aprile semplicemente Il Riformista cambierà nome e si chiamerà l’Unità. Questo è il progetto, sicuramente inedito”.

A preoccupare più di tutto è la possibilità di una speculazione editoriale, oltre che il modo in cui si sta evolvendo la storia di un giornale che ha contribuito allo sviluppo della democrazia e al pluralismo del nostro Paese.

Il secondo episodio risale al 2013, quando la cronista della Repubblica Francesca Angeli venne minacciata di morte, da parte di Armando Spada, mentre indagava su alcune infiltrazioni criminali nella gestione degli stabilimenti balneari di Ostia.

Dopo 10 anni, la Corte di Cassazione ha condannato Spada ad un anno di reclusione, al pagamento delle spese processuali e al risarcimento danni al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e Federazione Nazionale della Stampa Italiana, oltre che alla giornalista.

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2023-03-26

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