Ad Asti è in corso un processo a carico di un uomo di 50 anni, accusato di abusi, minacce e sottomissione nei confronti della figlia della sua convivente, oggi 27enne. La vicenda, che si sarebbe protratta per oltre vent’anni, è stata denunciata da un commerciante insospettito.
Secondo l’accusa, l’uomo avrebbe esercitato un controllo totale sulle due donne, trasformando la loro abitazione in una prigione domestica. A denunciare la situazione è stato un commerciante che ha convinto la donna a chiedere aiuto.
L’inchiesta ha portato alla scoperta di una lunga sequenza di soprusi consumati nel silenzio. Il 50enne è sotto processo per violenza sessuale, riduzione in schiavitù, maltrattamenti e produzione di materiale pedopornografico.
Il caso è seguito dal procuratore aggiunto Laura Deodato e dal pm Manuela Pedrotta della DDA di Torino. Gli investigatori descrivono anni di umiliazioni e minacce, in un clima di terrore domestico.
L’uomo avrebbe isolato completamente le due donne, impedendo loro ogni contatto con l’esterno. La convivente, unica fonte di reddito, lavorava fuori casa ignara di quanto accadeva, o troppo spaventata per reagire.
Dopo anni di silenzi, la giovane ha raccontato l’incubo vissuto, sostenuta da psicologi, assistenti sociali e centri antiviolenza.
Il caso è un esempio di violenza sommersa, consumata tra le mura domestiche. Le autorità giudiziarie sottolineano l’importanza della denuncia tempestiva e della vigilanza della comunità.

