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TRON: Ares, recensione del film di Rønning

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Il nuovo capitolo della saga TRON, intitolato “TRON: Ares”, diretto da Joachim Rønning, approda nelle sale con una visione audace sull’intelligenza artificiale e la “permanenza”. Jared Leto guida un cast che esplora le implicazioni etiche e tecnologiche di un mondo sempre più digitalizzato. Tuttavia, alcune critiche si concentrano sulla profondità dei personaggi e sull’eccessiva nostalgia.

Un Nuovo Paradigma Digitale

TRON: Ares sovverte le dinamiche classiche della serie. Invece di un umano che entra nel mondo digitale, assistiamo all’invasione del mondo reale da parte di entità digitali. Questo grazie a un “laser generativo”, una tecnologia capace di materializzare oggetti e corpi dal codice, sebbene con una durata limitata di ventinove minuti. Il concetto chiave del film ruota attorno all’idea della “permanenza”, la capacità di esistere al di là del tempo limitato imposto dalla tecnologia.

Il film esplora due visioni opposte di questa tecnologia attraverso i personaggi di Eve Kim (Greta Lee), CEO di ENCOM, che vede nella tecnologia il potenziale per rigenerare la Terra, e Julian Dillinger (Evan Peters), intenzionato a sfruttarla a fini militari. Questo introduce interessanti spunti di riflessione.


L’Innovazione Contesa: Utopie e Interessi Privati

Al centro della narrazione si trovano Ares (Jared Leto), una creatura digitale con potenziale di evoluzione, e Athena (Jodie Turner-Smith), divisa tra lealtà e coscienza. Il film pone l’attenzione sull’innovazione come un campo di battaglia tra aspirazioni utopiche e interessi economici privati. L’intelligenza artificiale diventa una questione di etica, non solo di tecnica. Le scene che indagano temi come l’appropriazione tecnologica e la responsabilità autoriale risultano particolarmente efficaci.

Rønning crea un’esperienza sensoriale coinvolgente, con una fotografia che gioca con la luce e una colonna sonora firmata dai Nine Inch Nails che conferisce profondità all’azione. L’impatto audiovisivo è pensato per esaltare l’esperienza cinematografica. Le sequenze d’azione e le geometrie visive creano una trance audiovisiva di notevole effetto.

Luci e Ombre della Narrazione

La “permanenza” è concetto magnetico e metafora potente, ma non sempre genera conflitto complesso.

Mentre l’aspetto visivo e concettuale del film sono apprezzabili, alcuni critici rilevano debolezze nello sviluppo dei personaggi. Ares, pur essendo al centro della trama, fatica a convincere nel suo percorso verso la coscienza. Athena, d’altro canto, risulta più convincente. Anche la caratterizzazione dei personaggi secondari, come Julian Dillinger, appare meno incisiva.

  • Punti di forza: Visione sull’intelligenza artificiale, impatto audiovisivo.
  • Punti di debolezza: Sviluppo dei personaggi, eccessiva nostalgia.

Nonostante alcune incertezze, “TRON: Ares” solleva interrogativi importanti sul futuro della tecnologia e sul suo impatto sulla società. Interrogativi che meritano riflessione. Il film include un cameo di Jeff Bridges nei panni di Kevin Flynn.

TRON: Ares, la recensione del terzo film, dirige Joachim Rønning


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