A dieci anni dall’uscita del film Non essere cattivo di Claudio Caligari, l’opera continua a suscitare riflessioni sul degrado sociale e l’amicizia nella periferia romana. Valerio Mastandrea, produttore e amico del regista, ha condiviso un aneddoto sul finale del film.
L’opera, che ha segnato la chiusura della trilogia iniziata con Amore tossico e proseguita con L’odore della notte, rimane un punto di riferimento nel cinema italiano per il suo realismo crudo e la carica emotiva. Valerio Mastandrea ha curato la post-produzione dopo la scomparsa del regista.
Ambientato nel 1995, Non essere cattivo racconta la storia di Cesare (interpretato da Luca Marinelli) e Vittorio (Alessandro Borghi), due amici legati da un destino segnato dalla povertà, dalla droga e dalla criminalità. La narrazione si svolge nella periferia di Ostia, dove il desiderio di riscatto si scontra con la brutalità di un ambiente ostile. Mentre Vittorio cerca di costruire una nuova vita, trovando lavoro e formando una famiglia, Cesare rimane invischiato nella dipendenza e nel degrado.
Il loro rapporto, intenso e fragile, diventa il cuore pulsante del film, uno sguardo lucido sulle scelte difficili e sulle conseguenze che ne derivano. Il cast è completato da figure femminili come Viviana (Silvia D’Amico) e Linda (Roberta Mattei), che contribuiscono a delineare le dinamiche umane e sociali di questa realtà. Non essere cattivo si distingue per il suo stile ispirato al cinema pasoliniano, con un’attenzione particolare alla rappresentazione della periferia romana e delle sue contraddizioni.
Caligari esplora la lotta tra il desiderio di redenzione e l’inesorabile forza distruttiva dell’ambiente circostante, offrendo una visione senza filtri ma carica di compassione. Il titolo stesso è un monito morale, un invito a resistere alle spinte negative di un mondo che spinge verso il male. Il film ha ottenuto riconoscimenti significativi, tra cui la candidatura come miglior film straniero agli Oscar 2016, confermando il valore artistico e culturale di quest’opera.
Valerio Mastandrea, che oltre a interpretare ruoli di rilievo nel cinema italiano è stato fondamentale nella realizzazione di Non essere cattivo come produttore e curatore della post-produzione, ha recentemente condiviso un aneddoto rivelatore riguardo al finale del film. In un’intervista ha raccontato:
“Claudio (Caligari), sul finale di Non essere cattivo, non so chi lo ha visto, spero tutti, c’è un momento in cui stavamo tutti insieme e io dicevo ‘Ma che facciamo qua, ce ne andiamo verso il primo piano’. E lui rispose: ‘No, fermiamoci là’. Noi replicammo: ‘Ma è bello andare su con il cielo’, perché l’operatore DOP si era talmente emozionato nel girare quell’ultimo ciak – che è la fine del film – che fece una panoramica verso il cielo. Noi stavamo al monitor, Claudio stava fermo là e io dissi: ‘Che bella quella cosa là’. Lui si tolse il cappello e disse: ‘No, io voglio emozionarla ancora di più la gente, rimanete là, ti prego’”.
Questa scelta riflette il desiderio di Caligari di imprimere un’emozione profonda e duratura nello spettatore, un’ultima sfumatura che rende il finale ancora più potente e memorabile. Mastandrea sottolinea come l’intero film sia costruito sull’emozione: “Quindi il film è fatto di quello, se tu ti emozioni, dovunque la vai a mettere l’emozione, qualunque tipo di emozione è, ha fatto quello che doveva fare”.
Questa testimonianza offre una nuova prospettiva sul significato del finale, rivelando l’attenzione meticolosa di Caligari nel trasmettere un messaggio di speranza e resistenza morale, nonostante la durezza del contesto narrativo.

