I !KUNG SAN, cacciatori-raccoglitori del Kalahari

I !KUNG SAN, cacciatori-raccoglitori del Kalahari

Negli anni Sessanta l’antropologo Richard Lee intraprese lo studio a lungo termine di un gruppo di cacciatori-raccoglitori del deserto del Kalahari.

I boscimani !Kung parlanti una lingua della famiglia kohisanide, erano circa quattrocentocinquanta, dispersi in vari accampamenti occupati in media da trenta individui ciascuno. Benché avessero avuto i primi contatti con gli europei a partire dalla fine dell’Ottocento, i !Kung erano privi di armi da fuoco, di bestiame e di agricoltura. Negli anni Sessanta erano interamente dipendenti dalla caccia-raccolta, tranne che per il latte bovino che ottenevano dai loro vicini allevatori Herero di lingua bantu.

Ogni accampamento era associato a una “buca d’acqua”; durante la stagione secca gli accampamenti si concentravano attorno a queste buche, ma la loro composizione non era affatto stabile.

Benché ogni agglomerato costituisse un insieme di individui sempre disposti a cooperare, gli accampamenti andavano incontro a cambiamenti per quanto riguarda le dimensioni e gli individui che ne facevano parte; erano il risultato di un flusso abbastanza continuo.

Ogni accampamento costituiva un’unità autosufficiente per quanto riguarda la produzione di cibo. Gli individui partivano dall’accampamento al mattino in cerca di cibo animale e vegetale per farvi ritorno al calar del sole. Qui radunavano il cibo e lo ripartivano equamente tra i membri dell’accampamento.

Gli scambi di beni tra gli accampamenti erano minimi; al contrario, gli individui si muovevano da un campo all’altro con grande facilità. Lee osservò che in media un individuo passava un terzo del proprio tempo accanto ai propri parenti stretti, un terzo a visitare altri accampamenti e un terzo ad accogliere visitatori di altri campi.

In seguito a questa alta mobilità unita all’enfasi posta sulla ridistribuzione del cibo, i !Kung non accumulavano cibo conservabile per più di due o tre giorni.

L’impossibilità di accumulare cibo faceva sì che essi dovessero mantenere uno sforzo produttivo continuo per tutto l’anno, anche se l’impegno lavorativo non superava le tre giornate a settimana. Il cibo vegetale (radici, frutti selvatici) rappresentava circa il 70% del volume alimentare ed era assicurato dalle donne mediante un lavoro di due o tre giorni alla settimana. La caccia forniva il rimanente cibo consumato dai !Kung. (a parte il latte ottenuto dagli Herero) e, per quanto la carne fornisse un maggior numero di proteine rispetto ai vegetali, Lee concluse che “le donne procuravano una quantità di cibo superiore di due-tre volte rispetto a quella fornita dagli uomini”.

Il territorio dei !Kung abbondava di noci mongongo, capaci di fornire un’adeguata copertura alimentare integrata da ben oltre ottantaquattro specie vegetali. Questo fatto non costringeva, nelle condizioni generali di vita di questi Boscimani a lavorare più del necessario. Pur conoscendo alcune tecniche agricole apprese dai loro vicini di lingua bantu, i !Kung non si dedicavano all’agricoltura. Lee notò che le condizioni generali di vita di questi cacciatori-raccoglitori non erano particolarmente dure. Sembravano ben nutriti e afflitti da malattie meno gravi dei loro vicini agricoltori. Anche l’aspettativa di vita, che si supponeva bassissima fra i cacciatori-raccoglitori, si rivelò qui assai più alta del previsto.

Fu infatti possibile accertare che su 450 individui un decimo (17 uomini e 29 donne) avevano più di sessanta anni, un dato che, all’epoca, si avvicinava abbastanza all’aspettativa di vita di alcune società industriali ed era nettamente superiore a quella di molte società contadine.

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2022-03-14

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