E’ di pochi giorni fa l ‘ultimo rapporto ISTAT sulla denatalità in Sardegna con il recordo peggiore di nascite in Italia. Si contano per il 2022 7.651 nascite in meno per un totale di 392.598 nascite. Si stima, con questi numeri, che in due decenni avremo meno di un milione di abitanti nella nostra isola.
Il fenomeno della denatalità e il calo demografico, a dire il vero, colpisce tutta Europa. Solo questo dovrebbe far comprendere che la causa non è solo politica. Indubbiamente l’incapacità della classe dirigente in Italia e Sardegna ha peggiorato la situazione, Il non aver investito, nei decenni scorsi, sulle famiglie e i figli con politiche attive, incentivi vari a favore dei nuovi nati, aiuti concreti hanno scoraggiarato le nuove generazioni a fare figli. Ma c’è un altro motivo trascurato, di cui non si parla mai, per cui questa situazione si è creata: manca totalmente una cultura sull’importanza di fare figli e famiglia nei tempi giusti.
Dagli anni ’70 infatti tutti i nuovi nati sono stati cresciuti, educati con un modello opposto rispetto alle due generazioni precedenti, genitori e nonni, Infatti la famosa generazione del Boom economico, quelli che erano ragazzi negli anni ’50 e ’60. quelli che l ‘Italia l’hanno costruita con industrie e imprese compiendo il famodo miracolo italiano, si sposavano a 20 anni. Facevano figli appena ventenni. Molti dovevano ancora terminare gli studi universitari. Lavoravano di giorno e studiavano di notte. La casa, la prima casa la prendevano in affitto, pochissimi avevano un’auto. Ma nel frattempo facevano figli non 1 ma due, tre per nucleo e anche i più. Facevano sacrifici enormi. Vivevano con meno comodità ma prosperavano nel tempo.
Ma sono quelli che poi dopo un decennio di fatica si sono comprati la prima casa, sono gli stessi che poi hanno votato per il divorzio, e l’aborto, sono gli stessi che hanno fatto il ’68 e hanno preteso la parità di genere fra uomini e donne. E sono anche quelli che hanno goduto di una prevvidenza sociale da giovanissimi. Molti di loro, dopo appena venti anni di contributi, sono andati in pensione. In pratica quel successo economico e improvviso benessere post bellico, l americanizzazione della nostra cultura, aveva portato quelle generazione, genitori e nonni, a pensare che i figli potessero faticare di meno rispetto a loro. Ecco il punto centrale. Da quel momento i nuovi nati degli anni ’70, ’80, ’90 sino ad oggi vengono educati a pensare a loro stessi, a investire tutte le loro energie per studiare, affermarsi professionalmente, con o senza laurea, a comprarsi una casa, un’auto, a viaggiare, a divertirsi e rimandare l’importante e vitale scelta di fare figli (e famiglia) il più tardi possibile.
Sono educati a un progresso che non esiste più. A prendersi un tempo vitale per se stessi che non garantisce la sopravvivenza di nessuno a cominciare da loro. Li stiamo ingannando.
Le nuove generazioni hanno e continuano ad obbedire, a seguire questo schema, hanno addottato questa cultura del benessere individuale e fatta propria ma ora, e già da un paio di decenni che sta trascinando la società nell’abisso su vari piani dell’esistenza tanto individuale quanto sociale.
Il primo appunto è quello delle nascite mancate. Ci sono paesi e villaggi che si spospolano e popoli che sono destinati a sparire. Ma questo è’ solo uno degli aspetti più inquietanti che stiamo vivendo. Quello più importante è che poi a questo benessere individuale non si arriva mai perchè nel frattempo l’economia è cambiata profondamente rispetto a quella della generazione di genitori e nonni. Ogni 10 anni, in questo nuovo millennio, viviamo una nuova rivoluzione industriale che cambia il fine, le stretegie, le specializzazioni, l’economia del paese. Cambia tutto ma non la cultura in cui siamo immersi: niente sacrifici. Sacrifici ridotti al minimo. Prima di avere figli bisogna avere tutto e cosi si arriva alla soglia dei 40 anni (molti quindi non riusciranno più ad avere figli per rifugiarsi nelle attuali maternità surrogate che tanto fanno discutere);
invece chi ci riesce sarà un genitore anziano che a 60 anni anzichè essere un nonno giovane avrà figli di 20 anni che deve ancora accudire come se ne avessero 5 di anni. Abbiamo Standard di vita troppo elevati che per tempo e economia attuale non possono sostenere questo ritmo.
La cultura che porta gli individui a fare figli non nasce dalla politica. Nasce dall’esigenza dei popoli e delle società di vivere al meglio con le reali possibilità che esistono. Nasce nel prendersi qualche responsabilità come individui e società e riconoscere i propri errori. Ci si dimentica troppo spesso che la politica siamo noi.
Provate a immaginare oggi un adolescente di 15/17 anni a cui i genitori dicono: “datti una mossa, studia poi ti cerchi un lavoro (anche quello non ideale) e poi a 20-25 fai famiglia, figli. Chi di voi educa cosi i propri figli oggi? Nessuno. Si continua e educare ingannando queste nuove generazioni a un finto benessere che non puo’ più esistere. Esiste invece la vita che è sempre sacrificio. Esiste educare a non avere paura del sacrificio. Deve esistere per la soppravivenza di popoli e della società un risveglio culturale che riporti un po tutti alla realtà: i figli piccoli hanno bisogno di genitori giovani, i genitori giovani hanno bisogno di poter contare su genitori altrettanto giovani che dovranno fare e essere nonni. E gli anziani hanno bisogno di nuovi nati per avere una pensione con cui sopravvivere.
Questa riflessione non è un fatto politico. E’ solo porre in evidenza un ciclo naturale di vita che è stato interrotto circa 50 anni fa.
E’ un invito a riflettere sul perché oggi non ci sono culle con bambini. Cercare delle risposte è un fatto culturale, di mentalità, di lungimiranza. Se vogliamo sopravvivere ancora come Sardegna, Italia e Europa senza sparire sommersi da una immigrazione, che è sempre un fatto naturale quando si integra, ma diventa spaventosa se per una cultura assurda miope e suicida “tutta nostra” si sostituisce ai popoli preesistenti.