Riflessioni: “La povertà nascosta: come il debito mina il nostro senso di benessere”

Fra le definizioni che meglio fanno comprendere cosa sia la povertà, quella che mi ha colpito di più è questa: “La povertà può essere definita come una condizione umana caratterizzata da privazione continua e cronica delle risorse, capacità, scelte, sicurezza e potere necessari per poter godere di uno standard di vita adeguato e per poter godere poi di altri diritti culturali, economici, politici, sociali e civili.”

La povertà dilaga. Non c’è statistica che non mostri una crescita perpetua in Italia, come nel resto del mondo, della povertà delle persone.

Secondo il rapporto della Caritas del 2022, in Italia nel 2021, i poveri sono diventati oltre 5 milioni e 500; praticamente, un italiano su 10 vive in povertà assoluta. Quando ho letto questo dato, mi sono chiesta: gli altri 9 come vivono? In quale tipo di ricchezza e benessere vivono? Questa domanda mi ha portato a ragionare su un argomento che difficilmente si riesce a trattare. Ovvero, se la definizione di povertà come quella su citata rende immediato e visivo il concetto di povertà, come definire il benessere?

La prima cosa che mi è venuta in mente è che la prima forma di benessere si basa sul fatto di non avere debiti. Nel mondo di oggi (ma anche di ieri) è ricco chi può procedere nella propria vita senza debiti con lo Stato, con gli istituti bancari, con le finanziarie. Una volta focalizzato questo punto, la domanda successiva è: chi può vivere contando solo sulle proprie risorse senza accedere al credito? Credito” ecco la parola che ha creato l’inganno più grande della storia economica di qualunque civiltà. Non è credito, è debito. Persino le carte rilasciate dalle banche che tutti noi possediamo le hanno chiamate carte di credito per fare un debito. Del resto, se le avessero chiamate carte di debito forse non avrebbero avuto il successo che hanno avuto.

Abbiamo costruito, soprattutto negli ultimi 60 anni, una società e un relativo benessere basato sul debito. Tutto il nostro stile di vita è basato sul debito. Si può tranquillamente affermare che quelle nove persone, al di fuori della povertà assoluta, in Italia raggiungono quote di benessere a debito.

La casa, la macchina, la mega TV, il mega telefono, le vacanze, le cure mediche, quelle dentarie, dietetiche e oggi pure la chirurgia estetica. Tutto proviene dal debito. Persino gli strumenti per il lavoro. Dal costo di lauree e master in alcuni casi a quello per arredare un ufficio e fare impresa, mobili, tecnologie si comprano a debito. Un’ipoteca perpetua sul proprio lavoro che ancora deve realizzarsi.

Una vita fondata sulle rate.

Per qualche decennio ci siamo illusi che si poteva fare, ma poi crisi bancarie dei decenni scorsi, globalizzazione, pandemie, guerre e relative inflazioni, stanno facendo comprendere meglio (solo a pochi, in realtà) che la ricchezza e il benessere basati esclusivamente sul debito sono un gigantesco bluff. Un sogno deludente. Un incubo chiamato progresso. Anche quei 9 italiani sono poveri perché a loro basta perdere il lavoro, fallire con la propria impresa, e tutto sfuma. Si ritroveranno ad ingrandire le file della Caritas in breve tempo, in attesa di altri nuovi nove italiani che iniziano la sfida della ricerca del benessere basata sul debito costante.

La verità è che il vero benessere in Italia è vissuto e gestito da poche migliaia di persone. Così come nel resto del mondo. E sono quelle persone che, per comprare un’auto, una casa e tutto il resto, devono fare un semplice bonifico con i propri soldi, magari ereditati da genitori a loro volta milionari, o rubati e provenienti da traffici illeciti, o lavorati onestamente con stipendi milionari presso le istituzioni o multinazionali.

È difficile parlare di povertà e ricchezza. Decine di anni di cultura bugiarda non sono facili da superare. I più non accettano nemmeno di sentirsi dire che sono dei finti benestanti e che conducono una vita dove lo stress impera, da schiavi, perché basta una guerra, una legge diversa nel campo dell’economia e delle produzioni, o una pandemia, e tutto quello che hanno creato in decenni si frantuma.

E ciò che scrivo è talmente reale che, da alcuni anni, si è arrivati a rivedere il concetto di proprietà privata con quello di noleggio. Sempre più beni considerati comuni e di largo consumo come auto, bici, telefonia mobile vengono offerti a noleggio. Non siete proprietari di niente, ma pagate annualmente o mensilmente tutto come se fosse vostro. L’uso.

Resto convinta, tuttavia, dell’idea che un benessere reale possa esistere e può esistere solo attraverso una più equa distribuzione delle ricchezze per ogni livello della società. Ma non può accadere se non si cominciano a rivedere le misure degli standard di vita presi in considerazione a livello culturale, sociale e prima ancora di linguaggio.

Le parole hanno un peso enorme nella rivalutazione dei concetti per ridefinire il benessere, la ricchezza e la stessa povertà. A cominciare dalle carte di debito. Il loro vero nome. Ci vuole una presa di coscienza ma anche onestà e lungimiranza da parte di chi gestisce la politica e la cultura ma soprattutto occorre un impegno individuale costante e partecipato. Bisogna partire dall’idea che non è un progresso quello che stiamo vivendo.

Non c’è nessun progresso a essere indebitati per vivere. Il vero progresso è costruire una società dove esiste un rapporto equo fra ciò che si guadagna e il costo della vita. Dovrebbe essere il primo punto di ogni battaglia sociale. Come può una casa di medio livello per grandezza e qualità e ubicazione costare due vite di stipendi di medio livello? Mentre il secondo è rivedere cosa è realmente necessario e cosa no.

Mi pare che a livello globale nessuno possa negare che il consumismo sfrenato in cui viviamo in Italia, come nel resto del mondo dove c’è la finta ricchezza comprata a debito, possa essere ridotto senza troppe sofferenze da parte di tutti noi.

Bisogna solo iniziare a prenderne atto guardando in faccia la realtà.

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2023-04-17

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