Autonomia differenziata: la Corte costituzionale dichiara illegittime  alcune specifiche disposizioni della legge.  

La Corte costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di  costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle  regioni a statuto ordinario (legge n. 86 del 2024), considerando, invece,  illegittime solo alcune specifiche disposizioni della stessa legge che  costituiscono, tuttavia, l’asse portante del testo legislativo.  

Secondo la Corte, l’art. 116 terzo comma della Costituzione (che  disciplina l’attribuzione alle regioni ordinarie di forme e condizioni  particolari di autonomia) deve essere interpretato conformemente ai  principi costituzionali della solidarietà tra le regioni,  dell’eguaglianza, della garanzia dei diritti dei cittadini,  dell’equilibrio di bilancio e di sussidiarietà, principio, quest’ultimo,  che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni. 

Nello specifico, la Corte nell’esaminare i ricorsi delle regioni Puglia,  Toscana, Sardegna e Campania, nonché le difese della Presidente del  Consiglio dei Ministri e gli atti di intervento ad opponendum delle  regioni Lombardia, Piemonte e Veneto, ha dichiarato l’incostituzionalità  della legge impugnata nella parte in cui prevede la possibilità che  l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di  

differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie,  in quanto la devoluzione deve, invece, riguardare solo specifiche  funzioni legislative e amministrative ed essere conforme, in relazione  alla singola regione, al principio costituzionale di sussidiarietà.  Parimenti, ha considerato costituzionalmente illegittimo il conferimento  di una delega legislativa al Governo per la determinazione dei livelli  essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (LEP)  in quanto priva di idonei criteri direttivi, dacché, così operando, la  decisione sostanziale verrebbe rimessa esclusivamente nelle mani del 

Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento.  Altrettanto illegittima è la previsione secondo la quale basterebbe un  Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), atto meramente  amministrativo, a determinare l’aggiornamento dei LEP.  

Illegittima, sul profilo costituzionale, la procedura prevista dalla  legge di bilancio per il 2023 per la determinazione dei LEP con DPCM.  

Allo stesso modo, la Corte ha dichiarato incostituzionale la possibilità  di modificare con decreto interministeriale, in caso di scostamento tra  il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito, le aliquote  della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per  finanziare le funzioni trasferite alla regione, in quanto, così  disponendo, verrebbero paradossalmente premiate le regioni inefficienti  che – dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio  delle funzioni trasferite – non sono in grado di assicurare con quelle  risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni.  

La Corte ha ritenuto, inoltre, illegittima la legge impugnata nella parte  in cui prevede la facoltatività – piuttosto che la doverosità – per le  regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di  finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli  costituzionali di solidarietà e unità della Repubblica.  Altro punto di fondamentale rilievo dichiarato illegittimo dalla Corte è  l’estensione della legge sulla autonomia differenziata e dunque dell’art.  116 terzo comma della Costituzione, alle regioni a statuto speciale, che,  invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle  procedure previste nei loro statuti speciali.  

Queste, in sintesi, le questioni di legittimità costituzionale accolte  dalla Corte. Ora spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua  discrezionalità, colmare i vuoti derivanti dalla decisione della  Consulta, nel rispetto dei principi costituzionali, in modo da assicurare  la piena funzionalità della legge sull’autonomia differenziata. Le 

correzioni potranno essere apportate sotto forma di emendamenti o di  rinegoziazione mediante esame di un nuovo disegno di legge complessivo, i  cui tempi non è possibile prevedere, avuto riguardo alla possibilità che  la legge, per effetto della sentenza della Corte, necessiti di una nuova  discussione in Parlamento. A tal proposito, la Corte, interpretando altre  previsioni della legge impugnata alla costituzione, ha tenuto a chiarire  che: a) l’iniziativa legislativa relativa alla legge di differenziazione  non va intesa come riservata unicamente al Governo; b) la legge di  differenziazione non è di mera approvazione dell’intesa (“prendere o  lasciare”) ma implica il potere di emendamento delle Camere. In tal caso,  l’intesa potrà essere eventualmente rinegoziata; c) la limitazione della  necessità di predeterminare i LEP ad alcune materie va intesa nel senso  che, se il legislatore qualifica una materia come “no-LEP”, i relativi  trasferimenti non potranno riguardare funzioni che attengono a  prestazioni concernenti i diritti civili e sociali; d) l’individuazione  delle risorse destinate alle funzioni trasferite dovrà avvenire non sulla  base della spesa storica, bensì prendendo a riferimento costi e  fabbisogni standard e criteri di efficienza, liberando risorse da  mantenere in capo allo Stato per la copertura delle spese che, nonostante  la devoluzione, restano comunque a carico dello Stato; e) la clausola di  invarianza finanziaria richiede che, al momento della conclusione  dell’intesa e dell’individuazione delle relative risorse, si tenga conto  del quadro generale della finanza pubblica, degli andamenti del ciclo  economico, del rispetto degli obblighi euro unitari.  

Quanto alle ripercussioni della sentenza della Corte sul referendum  abrogativo, in una intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, il  Ministro per gli Affari Regionali Roberto Calderoli, spiega: “a me il  referendum non fa paura perché non ho mai creduto che fosse ammissibile.  E non lo credo ancora di più ora dopo l’intervento della Consulta”. Gli  fa eco il Ministro di Grazia e Giustizia, Carlo Nordio, secondo il quale 

il referendum popolare depositato dalle opposizioni con oltre un milione  di firme non è più proponibile in quanto superato dalla sentenza della  Corte costituzionale”. “I quesiti referendari – prosegue Nordio – si  riferiscono a una legge che ora, per effetto della sentenza della Corte  Costituzionale, dovrà essere necessariamente cambiata”.  

Secondo altri giuristi di area democratica “il referendum potrebbe essere  comunque considerato valido dato che riguarda la cancellazione integrale  della legge. In ogni caso, la questione – fanno sapere – sarà decisa  dalla Corte di Cassazione, chiamata a verificare se il quesito sia ancora  valido, e, successivamente, dalla Corte Costituzionale che ne verificherà  l’ammissibilità”.  

Certo è che all’indomani della decisione della Consulta tra i partiti di  maggioranza c’è molto imbarazzo e malumore, specie tra le fila della Lega  che ha sponsorizzato questa riforma dal suo nascere. Secondo il Carroccio  si tratta solo di “rilievi tecnici” marginali che potranno essere  “facilmente superati in Parlamento”. Più defilata è Forza Italia, che  nella maggioranza è stata la componente più scettica su questa riforma, e  che dopo il pronunciamento della Corte costituzionale, è tornata a  manifestare seri dubbi sulla riforma. Anche per Fratelli d’Italia ci sono  dubbi sulla bontà della riforma, manifestati ancor prima della sentenza  della Corte.  

L’opposizione e più segnatamente il PD, invece, ha più di un motivo per  festeggiare, complice anche il contestuale esito positivo delle  consultazioni elettorali regionali in Umbria e in Emilia Romagna.  

Autore

  • avvocato civilista dal 2000. Mediatore civile commerciale e iscritto all'Albo Speciale degli Avvocati ammessi al patrocinio dinanzi alla Corte di Cassazione ed alle altre Giurisdizioni Superiori. è stato giudice onorario presso il Tribunale civile di Cagliari Sezione distaccata di Sanluri. Ha collaborato per la Rivista Giuridica Sarda diretta dal Prof. Avv. Angelo Luminoso. Collabora per la rivista La Testata.it dal mese di febbraio 2023 dove è autore della rubrica “Diritto & Società”.

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2024-11-22

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