Sulle carte di identità dei bambini minori di quattordici anni sarà indicato di nuovo il termine “genitori” com’era previsto prima del decreto Salvini del 31 gennaio 2019 (GU Serie Generale n. 79 del 03.04.2019).
Dal 3 aprile 2019, data di entrata in vigore del decreto Salvini, all’epoca Ministro dell’Interno, recante modifica delle modalità tecniche di emissione della carta d’identità elettronica, sulle carte di identità dei bambini minori di quattordici anni è riportata la dicitura «padre/madre» in luogo di <<genitori>> sino ad allora utilizzata, che esclude di fatto nel novero i genitori dello stesso sesso.
Discriminazione peraltro prontamente avvertita e denunciata dall’Autorità di garanzia per la privacy, nel parere richiesto proprio dal ministero dell’Interno prima della emanazione del decreto, a mente del quale «la modifica è suscettibile di introdurre profili di criticità nei casi in cui la richiesta della carta d’identità per un minore è presentata da figure che esercitano la responsabilità genitoriale che non siano esattamente riconducibili alla specificazione terminologica “padre” e “madre”».
è doveroso evidenziare in questa sede che il termine “genitori” non integra quello, strumentalmente utilizzato da alcuni mass media e soggetti politici contrari ideologicamente alle famiglie omogenitoriali, di “genitore 1 e genitore 2”, in quanto detto termine non è mai stato coniato e utilizzato dal legislatore e dall’Ufficiale dello Stato Civile nei relativi registri, e mai rivendicato dalle famiglie omogenitoriali. Trattasi all’evidenza di mera manipolazione e disinformazione.
La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza in esame, si è pronunciata su un ricorso presentato in primo grado da una coppia omogenitoriale nanti il Tribunale di Roma per chiedere e ottenere il rilascio di un documento d’identità per il di loro figlio minore di anni quattordici che rispettasse la reale composizione della loro famiglia omogenitoriale composta da una madre naturale e da una seconda madre adottiva per “adozione in casi particolari”.
Nel caso di specie, in applicazione del decreto Salvini sopra citato, il nome della madre adottiva era stato registrato sotto la dicitura «padre».
In primo grado il Tribunale di Roma accoglieva il ricorso, dichiarando di fatto illegittimo il decreto “Salvini” nella parte in cui prevede la dicitura <<madre/padre>> in luogo di <<genitori>> motivando nel merito che il documento di identità emesso “integra gli estremi materiali del reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico”. Il Tribunale quindi ordinava al Ministero dell’Interno di «indicare sulla carta di identità elettronica del minore» il termine «genitore» o «una dizione corrispondente alle risultanze dello stato civile» e non la dicitura <<madre/padre>>.
Nel confermare la sentenza di primo grado, la Corte d’Appello di Roma ha precisato che registrare il nome della madre adottiva sotto la dicitura «padre» avrebbe significato indicare «dati personali difformi dalle risultanze dei registri da cui quei dati sono estratti».
Secondo la Corte di Appello il decreto “Salvini” sarebbe perfino incostituzionale. «L’effetto finale dell’assunto del Ministero, se condiviso, sarebbe quello di precludere [al bambino] di ottenere una carta d’identità valida per l’espatrio», solo «perché figlio naturale di un genitore naturale e di uno adottivo dello stesso sesso: dinanzi a questo irragionevole e discriminatorio effetto, non possono trovare assolutamente ingresso le obiezioni formulate dal Ministero perché in contrasto persino con i principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 30 II comma». Invece, conclude la Corte d’Appello di Roma «proprio l’esistenza di istituti come l’adozione in casi particolari, che può dar luogo alla presenza di due genitori dello stesso sesso (l’uno naturale, l’altro adottivo) dimostra che le diciture previste dai modelli ministeriali (padre/madre) non sono rappresentative di tutte le — legittime — conformazioni dei nuclei familiari».
All’indomani della sentenza la presidente dell’Associazione Famiglie Arcobaleno, Alessia Crocini, ha dichiarato: “L’Associazione già nel 2019 aveva denunciato, supportata dal parere del Garante della Privacy, il qualunquismo ideologico del decreto Salvini che aveva modificato le diciture delle carte di identità solo per attaccare le famiglie omogenitoriali ma mettendo in difficoltà anche tutti quei minori che presentano situazioni familiari differenti. Io stessa sono riportata come “padre” sul documento di mio figlio, con tutto ciò che comporta ad esempio nel caso di un viaggio all’estero. Che un paese civile come l’Italia emetta, attraverso il Ministero dell’Interno, carte d’identità che riportano dati falsi è semplicemente imbarazzante. Speriamo che il Governo intervenga subito riportando la dicitura che da sempre accompagna i documenti dei minori: genitori o chi ne fa le veci”.
Per l’avv. Vincenzo Miri, presidente di Rete Lenford “(…) attueremo ogni pressione politica e giudiziaria affinché il decreto venga annullato e venga garantita per legge l’eguaglianza e la pari dignità di tutte le famiglie. Oggi, infatti, ciascuna famiglia con due mamme o due papà dovrebbe, volta per volta, rivolgersi a un tribunale per vedersi riconosciuti i propri diritti fondamentali. Reputiamo questo profondamente ingiusto… Le carte d’identità registrano quel che per lo Stato è una famiglia: negare anche nominalmente l’esistenza di migliaia di famiglie, e mortificare le identità di persone minorenni, è incostituzionale e anche inaccettabile».