È già da una settimana che a Cagliari non si parla d’altro se non dei casi di aviaria contratta nel parco di Monte Urpinu tra gli animali che ci vivono. I risultati di laboratorio sulle undici carcasse hanno evidenziato una carica virale estremamente elevata in organi quali cervello, intestino e polmoni, di un virus dell’Influenza aviaria del sottotipo H5, richiedevano la massima tempestività nella gestione del focolaio.
Gran parte della popolazione cagliaritana sta continuando a pronunciarsi contro la decisione della Asl di sterminare tutte le specie per ridurre a zero il rischio di contagio per i passanti e per le altre bestie. Gli attivisti sperano di salvare gli ultimi 60 esemplari rimasti nel parco. In particolar modo, la Lav, Lega antivivisezione, si è barricata dietro i cancelli del parco, ovviamente chiuso ai cittadini, per chiedere la sospensione dell’evitabile epilogo che violerebbe l’art. 544-bis del Codice Penale contro l’uccisione non necessitata di animali. Un analogo caso è avvenuto lo scorso gennaio in provincia di Firenze: in un parco è stata rilevata la presenza del virus dell’aviaria ed esso è stato semplicemente chiuso, così da far trascorrere un periodo di quarantena agli animali. “Preme anche ricordare che la proliferazione del virus dell’influenza aviaria è favorita dagli allevamenti di specie sensibili (come polli, tacchini, galline, faraone, quaglie) dove le densità sono altissime e il sistema immunitario degli animali è fortemente compromesso. Ciò è il risultato di una selezione genetica che risponde a logiche commerciali che considerano l’animale come mera unità produttiva e dell’impossibilità per gli animali di vivere rispettando la propria etologia. Bisogna ripensare il nostro rapporto con gli animali, siano essi rinchiusi nei capannoni o detenuti a qualsiasi altro titolo. Gli animali sono esseri senzienti e come tali vanno trattati” – ha dichiarato Lorenza Bianchi, dell’Area Animali negli allevamenti LAV.
A tal proposito, si è pronunciato anche Simone Masala, non attivista animalista, ma cittadino di Cagliari, parlando a Radio Zampetta Sarda, per invitare i suoi concittadini a unirsi al suo appello per fermare il massacro dei poveri superstiti. “Mi chiamo Simone Masala, non sono un attivista animalista, non sono vegetariano. Sono solo un cittadino di Cagliari che chiede che non vengano uccisi animali sani senza un test. Ci sono un sacco di persone disperate come me, che non capiscono perché la Asl abbia trasformato il Parco di Monte Urpinu in un cimitero nel nome della sicurezza dei cittadini. Questa menzogna secondo alcuni dovrebbe giustificare l’uccisione frettolosa e maldestra di animali domestici, di interesse educativo, parte di un ecosistema magico che ha reso Monte Urpinu un luogo piacevole dove noi siamo cresciuti da bambini. Monte Urpinu non è della ASL, che avrebbe fatto meglio a curarne la condizioni igienico sanitarie in cui versa negli anni. Non e nemmeno dei politici che vanno e vengono” – ha detto, proseguendo – “gli animali sabato scorso sono stati uccisi sabato senza aver fatto test sugli esemplari vivi. Uccisi con metodi da allevamenti intensivi. Senza sedazione. Davanti agli occhi dei custodi in lacrime. Fermiamo il massacro dei superstiti. Deve mobilitarsi la popolazione. Non solo gli attivisti. Se uccideranno i pavoni sani nel nome di un presunto virus, cosa faranno dopo? Lunedì abbiamo impedito alla Asl di completare la strage. Ci serve aiuto. Persone educate, adulti, bambini, famiglie, anziani, i veri proprietari di Monte Urpinu vengano a salvare il loro parco”.
La discussione riguarda anche la decisione di tenere chiuso il Tennis Club affianco al parco, ma di lasciare aperta la scuola elementare dietro alla zona incriminata. Il cortile dell’istituto è stato bonificato dagli addetti del Comune, nonostante gli animali scappati da Monte Urpinu continuino a circolare all’interno delle mura della scuola. Il direttore didattico ha confermato di essere in attesa di informazioni da parte dell’Asl sulle misure di sicurezza da adottare.
Tuttavia, sono stati confermati negativi gli esiti dei sopralluoghi nella laguna, a Molentargius e Monte Claro: niente casi riconducibili alla sintomatologia che ha portato agli abbattimenti del parco.