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Modello USA e lavoro femminile: cresce l’esclusione

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Un recente report dell’Economist evidenzia che negli Stati Uniti d’America oltre 600.000 donne hanno lasciato il lavoro. Il fenomeno si verifica nonostante una crisi che colpisce maggiormente i settori tradizionalmente occupati da uomini.

Il report dell’Economist ha analizzato diversi dati che convergono verso una conclusione: il tasso di partecipazione femminile alla forza lavoro, dopo aver raggiunto un picco del 57,7% nell’agosto 2024, è diminuito di quasi un punto percentuale, attestandosi al 56,9%. Questo calo corrisponde all’uscita dal mondo del lavoro di oltre 600.000 donne.

I dati sull’occupazione indicano che i lavori “maschili” sono attualmente in crisi. Tuttavia, gli uomini sembrano avere una maggiore capacità di reinserirsi nel mercato del lavoro, risultando più appetibili.

La questione sollevata dal report riguarda la potenziale scelta forzata per le donne tra carriera e famiglia. Negli ultimi anni, questo tema era meno discusso a causa del calo delle nascite negli USA e in altri paesi occidentali.

Secondo l’analisi, il tasso di partecipazione delle donne in età lavorativa (25-54 anni) con figli sotto i cinque anni è diminuito rispetto al massimo post-pandemia. La causa principale sarebbe un “baby boom” demografico verificatosi negli USA durante e dopo la pandemia.

Il Census Bureau riporta che molte coppie hanno rimandato i matrimoni durante il periodo del Covid-19, con un conseguente aumento dei matrimoni nel 2022. Considerando che la nascita del primo figlio avviene generalmente uno o due anni dopo il matrimonio, l’abbandono del lavoro da parte di 600.000 donne rifletterebbe un aumento della natalità negli Stati Uniti. A questo incremento non corrisponderebbe un’adeguata attenzione sociale al ruolo delle donne nel mondo del lavoro.

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