Inammissibile il referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata

La Corte costituzionale il 20 gennaio scorso ha deciso in camera  di consiglio il giudizio sull’ammissibilità della richiesta di  referendum abrogativo della Legge 26 giugno 2024 n. 86,  sull'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario,  dichiarandolo inammissibile.  

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In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio comunicazione e stampa della Corte ha fatto sapere che “l’oggetto e la finalità  del quesito non risultano chiari” e “ciò pregiudica la possibilità  di una scelta consapevole da parte dell’elettore. Il referendum –  fa sapere ancora l’Ufficio – “verrebbe ad avere una portata che ne  altera la funzione, risolvendosi in una scelta sull’autonomia  differenziata, come tale e in definitiva, un giudizio  sull’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, che non può  essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo, eventualmente,  di revisione costituzionale”.  

Queste in estrema sintesi le motivazioni della Corte. Detto in altri termini, i giudici costituzionali hanno stabilito  l’illegittimità del quesito referendario in quanto avrebbe  costretto gli elettori a esprimersi con un solo voto, un sì o un  no, su più questioni eterogenee e portanti della legge che col  referendum si intendeva abrogare. Tra le questioni più  significative contenute nella legge, ricordiamo per esempio: le  condizioni in base alle quali le Regioni possono chiedere maggiore  autonomia allo Stato nel rispetto dell’articolo 116 della  Costituzione; la determinazione dei cosiddetti “livelli essenziali  delle prestazioni” (LEP), che rappresentano i servizi che lo Stato deve garantire a tutti i cittadini in quanto essenziali,  indispensabili e non negoziabili; il percorso istituzionale che  una Regione a statuto ordinario deve seguire per ottenere più  autonomia, nonché la durata degli accordi tra lo Stato e le  Regioni stesse.  

Per tali motivi, i giudici costituzionali hanno ritenuto che il  referendum avrebbe rischiato di trasformarsi «in una scelta  sull’autonomia differenziata, come tale, un giudizio sull’articolo  116, terzo comma, della Costituzione». In altre parole, secondo la  Corte, i cittadini avrebbero finito per esprimere un giudizio  sullo stesso principio di autonomia differenziata riconosciuto dal  già citato articolo 116 della Costituzione, che, come tale, <<non  può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo,  eventualmente, di revisione costituzionale>>.  

La consultazione referendaria, pertanto, non ci sarà, con buona  pace dei promotori che provano a smarcarsi attribuendo la  responsabilità alla CGIL affermando: “È stata la Cgil a formulare  il quesito referendario bocciato dalla Corte”.  

Volevano approfittare del tema dell’autonomia per fare da traino  anche agli altri referendum ma sono caduti in questo errore”, gli fa eco il presidente del Veneto, Luca Zaia, della Lega, che  prosegue: “Questa sentenza ci consente di lavorare con maggiore  serenità. Auspico che diventi un’occasione per avviare un dialogo  costruttivo e porre fine agli scontri”. “La sentenza chiarisce  ogni dubbio”. “Per la seconda volta, la Corte costituzionale  conferma tutta la propria autorevolezza sulla questione  dell’autonomia. La prima volta con la sentenza relativa al ricorso  contro la legge Calderoli, in cui la Consulta ha analizzato il  merito della legge, fornendo alcune indicazioni per apportare  correttivi, pur confermandone la piena legittimità. Oggi, con  questa nuova sentenza, la Corte mette fine alla vicenda  referendaria con l’assoluta imparzialità che deve esserle propria.  Questo pronunciamento contribuisce a chiarire ogni dubbio sul  percorso dell’autonomia, che continuerà a svilupparsi nel pieno  rispetto della Costituzione, delle indicazioni della Consulta e  del principio di unità nazionale, mantenendo al centro i valori di  sussidiarietà e solidarietà”, e conclude: “Capitolo chiuso sulle  dispute referendarie”. “Per quanto ci riguarda il lavoro non si è  mai fermato, nella certezza che le nostre aspirazioni erano in  piena aderenza con la Carta fondamentale della Repubblica”.  Per il costituzionalista Stefano Cercanti, ordinario di Diritto  pubblico comparato Roma La Sapienza, del PD: “La mancanza di  chiarezza del quesito avrebbe portato a un anomalo plebiscito su  un articolo della Costituzione”.  

Per Alessandro Alfieri, senatore, responsabile per le riforme del Partito  Democratico: “La decisione della Consulta sulla non ammissibilità  del referendum per l’abrogazione della legge Calderoli è la  naturale conseguenza della sentenza della stessa Corte che a  dicembre 2024 ha di fatto demolito la legge sull’autonomia  differenziata voluta dal centrodestra. I giudici della Corte in  quella occasione hanno accolto parzialmente i ricorsi presentati  da quattro regioni guidate dal centrosinistra (Puglia, Toscana,  Sardegna e Campania), dichiarando illegittimi sette punti chiave  del provvedimento promosso dal ministro per gli Affari regionali e  le autonomie. Una legge pessima per il nostro Paese, che aumenterà  ancora di più le disuguaglianze territoriali e sociali. In  Parlamento continueremo a dare battaglia per evitare le forzature  della destra e bloccare le intese avviate con le Regioni del  Nord“. 

Per Ivo Rossi, uno dei maggiori esperti di autonomia del Pd, “la legge Calderoli è stata svuotata da quella sentenza al punto che  rimane solo la previsione di autonomia contenuta nell’articolo  116, terzo comma, della costituzione”.  

Autore

  • avvocato civilista dal 2000. Mediatore civile commerciale e iscritto all'Albo Speciale degli Avvocati ammessi al patrocinio dinanzi alla Corte di Cassazione ed alle altre Giurisdizioni Superiori. è stato giudice onorario presso il Tribunale civile di Cagliari Sezione distaccata di Sanluri. Ha collaborato per la Rivista Giuridica Sarda diretta dal Prof. Avv. Angelo Luminoso. Collabora per la rivista La Testata.it dal mese di febbraio 2023 dove è autore della rubrica “Diritto & Società”.

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2025-02-03
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