
All’età di 92 anni compiuti da poco, scompare un volto storico della tv in bianco e nero diventato celebre per aver raccontato nel 1969 l’avventura dell’Apollo 11 e il “piede sulla Luna” di Neil Armstrong.
Chi di voi non ricorda queste strepitose immagini:
Col fascino del “bianco e nero”, il pubblico italiano incollato alla tv. Era il 20 luglio 1969. Non andavo ancora in prima elementare ma avevo già deciso che da grande avrei fatto l’astronauta, come la maggior parte dei bambini di quell’età. Tito Stagno da studio e Ruggero Orlando inviato da “Nuova York” battibeccarono per il momento esatto dell’allunaggio del LEM (modulo lunare). Nessuno dei due voleva cedere sull’aver tradotto correttamente dall’inglese le parole dei tecnici NASA della base spaziale di Houston (Texas) o più probabilmente provenienti dal modulo lunare di quel razzo che giorni prima era partito da Cape Canaveral in Florida per la missione Apollo 11 e il primo piede sulla Luna di Neil Armstrong.
“Ha toccato! Ha toccato in questo momento il suolo lunare”. Questa frase è unica ed è quella che ha caratterizzato per oltre cinquant’anni il giornalista nato a Cagliari il 4 gennaio 1930.
La RAI era alla sua prima maratona: 25 ore di trasmissione, dallo studio 3 di via Teulada, in collegamento con Houston dove c’era Ruggero Orlando, per coinvolgere gli italiani in quell’attimo storico in cui l’uomo mise piede sulla Luna. Un evento di cui Tito Stagno fu “prigioniero” perché il primo a raccontare e occuparsi di spazio, un settore in ascesa, fin dal 1957 quando i sovietici lanciarono lo Sputnik, che per i giovani di oggi è solo un vaccino russo. E nel 1961 fu il telecronista che commentò il primo volo di Jurij Gagarin intorno alla Terra. Lui giornalista sportivo, responsabile de La Domenica Sportiva dal 1976 al 1995, inviato speciale, mezzobusto tv negli anni ’60 e ’70, documentarista, iniziò a 19 anni, raccontava la sua adesione a “una stagione di entusiasmi, di coraggio, di desiderio di conoscenza che si rivelò poi troppo breve”, con tanta nostalgia e forse una punta di amarezza.
In un suo libro, l’autobiografia “Mister Moonlight – Confessioni di un telecronista lunatico”, ha raccontato l’avventurosa biografia di un ragazzino della provincia italiana del dopoguerra che passa i pomeriggi al cinema e che all’improvviso si trova catapultato sul palcoscenico della storia, e qui si gioca la vita. Con tutta la consapevolezza che “non basta essere testimoni del proprio tempo ma bisogna esserne, con curiosità e coraggio, protagonisti”.
Se ne va un gran pezzo di Storia del Giornalismo. Un abbraccio ai familiari da parte della redazione e i lettori de www.LaTestata.it