
In Italia nel 2024 aumenterà la tampon tax: l’aliquota IVA che si applica agli assorbenti e ai beni per l’infanzia passerà dal 5 al 10 per cento, aumento dovuto, secondo la premier Giorgia Meloni, all’inflazione. Gli assorbenti, quindi, costeranno di più a partire dai primi mesi del nuovo anno, secondo alcuni calcoli in media un pacco che contiene 10 assorbenti ha un prezzo di 3,50 euro: ogni mese ne servono almeno due. Mediamente, quindi, la spesa annuale oscilla intorno ai 120 euro.
L’IVA al 5% era stata portata alcuni anni fa, mentre fino al 2019, senza eccezioni, è stata applicata l’imposta sul valore aggiunto in misura piena: l’aliquota ordinaria era al 22 per cento, un bene di lusso. Come se nascere donna recasse un privilegio: esserlo in Italia è diventato un lusso, non solo per la tampon tax, ma anche per la maternità, per nulla tutelata da un governo che si fa portavoce della “famiglia tradizionale”: l’IVA infatti arriverà 10% anche sui prodotti per l’infanzia.
I prodotti per l’igiene femminile, senza dubbio, rappresentano beni essenziali, a giugno 2021, infatti, il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione non legislativa sulla salute sessuale e riproduttiva nell’UE e ha acceso i riflettori anche su questo tema.
“Sottolineando gli effetti negativi della cosiddetta imposta sugli assorbenti (tampon tax) per la parità di genere, i deputati chiedono ai Paesi UE di eliminare la tassa sui prodotti per l’igiene femminile, avvalendosi della flessibilità introdotta dalla direttiva UE sull’IVA e applicando esenzioni o aliquote IVA allo 0 per cento su questi beni essenziali. Si chiede inoltre ai Paesi UE di affrontare con urgenza la povertà mestruale, assicurando che chiunque ne abbia bisogno possa disporre di prodotti mestruali gratuiti”.
Negli ultimi anni in Europa sono 16 i Paesi che hanno ridotto la Tampon Tax. Nonostante gli ultimi sviluppi, tra questi figura anche l’Italia, lontana però anni luce da luoghi decisamente più attenti alle tematiche di genere, come la Scozia appunto, che dopo aver garantito per anni assorbenti gratis in scuole e università, nel 2020 ha approvato il primo provvedimento a livello mondiale che prevede l’accesso gratuito per tutte a questi prodotti.
In Irlanda, l’Iva su tamponi e assorbenti è stata portata a 0; così come in l’Inghilterra, passi avanti anche in Francia, dove nel 2015 la tassazione è scesa dal 20 al 5,5%. In Belgio, Olanda, Portogallo, Lituania, Repubblica Ceca e Cipro oscilla fra il 5 e il 7%, in Spagna è al 4%, e arriva a circa il 10% in Grecia, Polonia, Estonia, Slovenia, Slovacchia, e Austria. La Germania, che fino al 2020 aveva una tassazione pari al 19%, abbassata poi al 7%
Per un Paese che esulta, molti altri non possono fare altrettanto: n Bulgaria, a esempio, la tassazione è al 20%, in Lettonia al 21%, in Finlandia al 24%, in Svezia, Croazia e Danimarca al 25% e in Ungheria addirittura al 27%.
Tornando sul tema e soffermandosi sulla povertà femminile in Europa il Parlamento nel 2022 ha ribadito che una “ragazza su dieci non può permettersi prodotti igienici”, e riguarda un tema molto più ampio della semplice tampon tax. Ha a che fare con la salute delle donne: quante oggi possono permettersi visite specialistiche che allevino disturbi anche seri anche legati al ciclo mestruale? L’endometriosi su tutti, ma anche crampi, sbalzi d’umore e tutto ciò che può avere impatto invalidante.
Infine, normalizzare e rendere agevole il ciclo mestruale è anche una questione di uguaglianza e parità di genere: è come se si stesse dicendo alle donne, di fatto, che la loro partecipazione alla vita pubblica è un lusso, che non tutte possono permettersi. La tampon tax rappresenta un’invalidazione della libertà femminile: sul corpo, nel lavoro, ma più in generale nella vita di tutti i giorni. Il ciclo non è una scelta, nemmeno un mostro come viene dipinto ancora nella cultura di massa: in Italia fa paura ancora oggi parlare di Mestruazioni.
Prendendo in considerazione la situazione degli ultimi quattro anni, siamo lo stesso paese che fino al 2019 considerava i prodotti legati all’igiene femminile come un bene di lusso con una tassazione, come già detto, pari al 22%. Si tratta di una problematica culturale che considera la salute dell’intero genere femminile, metà della popolazione all’incirca, una scelta. Non esiste una forma di congedo mestruale, tantomeno qualche tutela o un bonus riguardante nello specifico i disturbi e le malattie legate all’utero e alle mestruazioni: solo adesso si sta iniziando a parlare in pubblico di Endometriosi, Vulvodinia e altre patologie uterine, ma senza accennare ad aiuti per le donne che ne soffrono.
Alla fine, ci si può aspettare solo questo dall’Italia, che nella parità di genere è piuttosto indietro, specialmente a livello culturale: ce lo insegna anche la nostra prima ministra, essere donne non vale niente se non ci si comporta come uomini, lei, infatti, si fa chiamare Signor Presidente e da prima donna premier d’Italia cerca in tutti i modi di ostacolare il progresso e le conquiste del genere femminile. Perché in Italia, una donna che non tutela il sistema patriarcale e le sue idee verrà ostacolata in ogni modo possibile. Non illudiamoci che Giorgia Meloni sia una ventata di aria fresca: è sempre la stessa brutta storia, nei gesti e nelle parole, un esempio recentissimo è stata la cancellazione del finale di “Belve”, programma di Francesca Fagnani su Rai2, proprio nel momento delle Eterobasiche: duo comico che ironizza sull’uomo medio (di destra). Sembra qualcosa di lontano e un po’ vago, ma sono scelte ben precise e calibrate. Si tratta di censurare un contenuto che non accresce le idee filo-governative. Ogni giorno questo diventa più evidente, nonostante una premier donna, le condizioni del genere femminile non sono per nulla migliorate, anzi quelle poche, ma vitali conquiste vengono osteggiate sempre di più: non basta essere donne per essere femministe.
Link per la petizione: https://chng.it/GBmX7rxGcC