
Il 30 marzo 2023 è entrato in vigore il Decreto Legislativo n. 24/2023, emanato in attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del 23 ottobre 2019, riguardante “la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali”.
Le disposizioni previste nel decreto hanno effetto a partire dal 15 luglio 2023, pertanto, fino a quella data, le segnalazioni e le denunce all’autorità giudiziaria o contabile continueranno ad essere disciplinate dal previgente assetto normativo previsto per le pubbliche amministrazioni e per i soggetti privati in materia di whistleblowing, in base a quanto già previsto dall’art. 54bis del d.lgs. n. 165/2001, come modificato dalla legge 30 novembre 2017 n. 179.
La Direttiva (UE) 2019/1937 è stata adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea allo scopo di prevenire e contrastare la corruzione all’interno dell’Unione europea, rafforzando l’applicazione del diritto e delle politiche dell’Unione in specifici settori stabilendo norme minime comuni volte a garantire un elevato livello di protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione che rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione (artt. 1 e 2).
In Italia, la figura del whistleblower è stata introdotta con la legge 6 novembre 2012 n. 190. Nell’introdurre l’art. 54-bis al d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (oggi abrogato), il legislatore aveva infatti stabilito che il pubblico dipendente che denuncia all’autorità giudiziaria o alla Corte dei Conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto a una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.
Il decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, disponendo la modifica dell’art. 54bis comma 1, rafforzava la posizione del whistleblower.
Con la legge 30 novembre 2017 n. 179, il legislatore disponeva la modifica dell’art. 54bis del d.lgs. 165/2001, introducendo una disciplina organica dell’istituto e la tutela al whistleblower
anche nel settore privato.
Per ultimo, col decreto legislativo 10 marzo 2023 n. 24 in commento, il legislatore ha ridisegnato l’intera materia, disponendo l’abrogazione dell’art. 54bis del d.lgs. 165/2001.
Cosa cambia con la nuova disciplina.
Il decreto, in attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del 23 ottobre 2019 sopra richiamata, disciplina la protezione delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato.
Il d.lgs. 24/2023 obbliga l’ANAC ad adottare, entro tre mesi dalla sua data di entrata in vigore, apposite linee guida relative alle procedure per la presentazione e la gestione delle segnalazioni esterne.
Gli illeciti possono essere denunciati mediante i seguenti canali di segnalazione:
interno (nell’ambito del contesto lavorativo); esterno (ANAC); divulgazione pubblica (tramite la stampa, mezzi elettronici o mezzi di diffusione in grado di raggiungere un numero elevato di persone); denuncia all’Autorità giudiziaria o contabile.
In via prioritaria, i segnalanti sono tenuti a utilizzare il canale interno e, solo al ricorrere di certe condizioni, possono effettuare una segnalazione esterna o una divulgazione pubblica.
In ogni caso, al momento della segnalazione o della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o della divulgazione pubblica, la persona segnalante o denunciante deve avere un ragionevole e fondato motivo di ritenere che le informazioni sulle violazioni segnalate, divulgate pubblicamente o denunciate siano vere e rientrino nell’ambito della normativa vigente.
Le segnalazioni inoltre devono essere effettuate nell’interesse pubblico o nell’interesse alla integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato.
È tutelata la privacy del segnalante. La sua identità non può essere rivelata a persone diverse da quelle competenti a ricevere o a dare seguito alle segnalazioni.
La protezione riguarda non solo il nominativo del segnalante ma anche tutti gli elementi della segnalazione dai quali si possa ricavare, anche indirettamente, l’identificazione del segnalante.
La segnalazione è sottratta all’accesso agli atti amministrativi e al diritto di accesso civico generalizzato, di cui alla legge n. 241/90.
La protezione della riservatezza è estesa all’identità delle persone coinvolte e delle persone menzionate nella segnalazione fino alla conclusione dei procedimenti avviati in ragione della segnalazione, nel rispetto delle medesime garanzie previste in favore della persona segnalante.
Il trattamento di dati personali relativi al ricevimento e alla gestione delle segnalazioni è effettuato dai soggetti del settore pubblico e privato, nonché da ANAC, in qualità di titolari del trattamento, nel rispetto dei princìpi europei e nazionali in materia di protezione di dati personali.
Il decreto vieta e sanziona gli atti ritorsivi, intendendo per tali qualsiasi comportamento, atto od omissione, anche solo tentato o minacciato, posto in essere in ragione della segnalazione, della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile, o della divulgazione pubblica e che provoca o può provocare, alla persona segnalante o alla persona che ha sporto la denuncia, in via diretta o indiretta, un danno ingiusto, da intendersi come danno ingiustificato.
Nell’ambito di procedimenti giudiziari o amministrativi o comunque di controversie stragiudiziali aventi ad oggetto l’accertamento dei comportamenti, atti o omissioni vietati posti in essere nei confronti delle persone segnalanti, si presume che gli stessi siano stati posti in essere a causa della segnalazione, della divulgazione pubblica o della denuncia all’autorità giudiziaria o contabile. L’onere di provare che tali condotte o atti siano motivati da ragioni estranee alla segnalazione, alla divulgazione pubblica o alla denuncia è a carico di colui che li ha posti in essere. In caso di domanda risarcitoria presentata all’autorità giudiziaria dalle persone segnalanti se tali persone dimostrano di aver effettuato, ai sensi del presente decreto, una segnalazione, una divulgazione pubblica o una denuncia all’autorità giudiziaria o contabile e di aver subito un danno, si presume, salvo prova contraria, che il danno sia conseguenza di tale segnalazione, divulgazione pubblica o denuncia all’autorità giudiziaria o contabile.
L’art. 17 comma 4 del decreto in commento indica talune fattispecie che costituiscono ritorsioni. La competenza ad accertare la ritorsione, così come la gestione delle comunicazioni di ritorsioni nel settore pubblico e nel settore privato compete ad Anac che può avvalersi, per quanto di rispettiva competenza, della collaborazione dell’Ispettorato della funzione pubblica e dell’Ispettorato nazionale del lavoro.
La dichiarazione di nullità degli atti ritorsivi spetta, invece, all’Autorità giudiziaria.
La protezione anti ritorsiva si applica anche al facilitatore (persona fisica che assiste il segnalante nel processo di segnalazione e operante all’interno del medesimo contesto lavorativo); alle persone del medesimo contesto lavorativo della persona segnalante, di colui che ha sporto una denuncia o di colui che ha effettuato una divulgazione pubblica e che sono legate ad essi da uno stabile legame affettivo o di parentela entro il quarto grado; ai colleghi di lavoro della persona segnalante o della persona che ha sporto una denuncia o effettuato una divulgazione pubblica, che lavorano nel medesimo contesto lavorativo della stessa e che hanno con detta persona un rapporto abituale e corrente; agli enti di proprietà della persona segnalante o per i quali le stesse persone lavorano nonché agli enti che operano nel medesimo contesto lavorativo delle predette persone.
Il segnalante o denunciante non è perseguibile. La tutela non è garantita quando è accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia o comunque per i medesimi reati commessi con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave; in tali casi alla persona segnalante o denunciante può essere irrogata una sanzione disciplinare.
Sono, infine, previste misure di sostegno che consistono in informazioni, assistenza e consulenze a titolo gratuito sulle modalità di segnalazione e sulla protezione dalle ritorsioni offerta dalle disposizioni normative nazionali e da quelle dell’Unione europea, sui diritti della persona coinvolta, nonché sulle modalità e condizioni di accesso al patrocinio a spese dello Stato.
È istituto presso l’ANAC l’elenco degli enti del Terzo settore che forniscono alle persone segnalanti misure di sostegno. L’elenco, pubblicato dall’ANAC sul proprio sito, contiene gli enti del Terzo settore che esercitano, secondo le previsioni dei rispettivi statuti, le attività di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, e che hanno stipulato convenzioni con ANAC.