NINO NONNIS

ADDIO A NINO NONNIS

Letto: 359

Uno dei principali autori teatrali sardi, apprezzato scrittore, grande umorista, si è spento a 76 anni. Originario di Sindia, visse a Cagliari dall’età di sei anni.

Il pomeriggio di sabato 24 marzo 2023 abbiamo tutti perso una grande persona che ha dato tanto alla cultura sarda ma con una vena di ironia, quasi come se non si prendesse troppo sul serio. Scrittore, autore di teatro, i suoi testi sono stati rappresentati in vari Festival, anche all’estero. Lui stesso ha interpretato i suoi monologhi umoristici. Ha partecipato in un paio di film, collaborando ai dialoghi. E ha lasciato un vuoto a chi lo ha apprezzato per la sua simpatia e umanità.

Personalmente ricordo Nino Nonnis in vari flash. Intanto in alcuni dei suoi libri (“A biliardino non gioca più nessuno”, “Hanno ucciso il bar Ragno”, “Una donna tutta d’un pezzo”) che ho letto per presentarli al Festival Letterario & Solidale San Bartolomeo. Era un piacere leggerlo e presentarlo. Fu uno dei relatori alla “Serata in Onore di…Antonio Romagnino, insieme al cugino Giuseppe Luigi Nonnis, Marcello Polastri, Carlo Dore, Aldo Piras. Una serata magnifica e indimenticabile che realizzammo insieme ad Angelo Pili e al parroco Antonio Sconamila.

Un altro momento esilarante è legato alla partecipazione di Nino Nonnis al Festival con il suo primo libro di narrativa. Preparare un palinsesto non è mai semplice. Lo inserii nella sessione dedicata, con altri autori di romanzi. Ci sentimmo al telefono… “ho visto che mi hai messo con Tizio, Caio, Sempronio e Mevio” mi incalzò. “Sì, Nino, nella tradizione del Festival San Bartolomeo, vari autori insieme” risposi. “Non è per quello, solo che Tizio è un po’ pieno di sé” rispose “e anche Caio, ha un carattere…” annuii “Nino, sono fatti così, li conosci”. “Appunto, ascolta perché non mi metti in un’altra sessione anche se non a tema?” mi chiese. Come si fa a dire di no a Nino Nonnis? “Nino, se ci tieni, ti potrei spostare alla prima giornata dove però si parla di storia e archeologia”. “Al Festival di Macomer, dove gioco in casa, mi hanno messo il giorno dell’inaugurazione e ho chiesto di mettermi di sabato o domenica, altrimenti non sarei andato”. “Non sapevo, non vuoi inaugurare?” avanzai timidamente. “No, ma da Vincenzo Di Dino vengo con piacere il primo giorno del Festival”. E così fu, si accomodò l’ultimo della fila e ascoltò pazientemente chi parlò di templari e altri argomenti storici. Poi prese la parola un autore del quale mi fornirono il libro la sera stessa, forse l’unico caso nella storia del Festival di San Bartolomeo di un libro non vagliato prima. L’autore iniziò a spararle grosse sulla presenza di giganti che in epoche remote abitarono la Sardegna. E più l’autore andava avanti e più Nino Nonnis mi guardava sornione, captando il mio imbarazzo. “La Sardegna era abitata da giganti di 20 metri, abbiamo le prove ma hanno fatto sparire gli scheletri” raccontava l’autore del libro con foto prese da facebook “e c’erano anche scheletri di 8 metri”. A quel punto Nino Nonnis sentenziò: “pipius!”. L’autore lo guardò quasi a chiedere cosa avesse detto. E continuò: “se c’erano scheletri di venti metri, quelli di otto dovevano essere i figli”. Grande Nino, capace di sdrammatizzare, sempre.

Tiziana Troja, attrice delle Lucido Sottile, racconta: “un giorno Nino mi disse ‘ma tu con questo cognome non hai niente di sardo’ io ribattei ‘io sono sarda’ e lui chiuse così ‘giusto, la sardità si può acquisire anche per merito’”.

Anna Cristina Serra, poetessa in lingua sarda, lo ricorda così: “Nino, con la sua ironia e la sua intelligenza arguta, è riuscito a raccontare il vissuto profondo della nostra società. Quella più autentica. Così come autentico e diretto era lui. E generoso. Di arte e di umanità. Chi sa terra ddi siat lébia”.

Angelo Pili, fondatore del Festival Letterario San Bartolomeo: “Ci ha lasciato un grande scrittore. Un amico del festival letterario di San Bartolomeo fin dai primi esordi della manifestazione”.

Pietro Porcella, dalla Florida, affida a facebook un lungo post condito di cuori rossoblu e faccine varie: “Adiosu Nino Nonnis, si bieusu in Purgatorio se non arrivo in ritardo o direttamente in Paradiso se avrai già scontato la pena. Si torraus a biri e s’intendeus a ogni post che hai postato, a ogni messaggio che mi hai mandato, a ogni recita che hai recitato a ogni barzelletta che ci hai raccontato a ogni pagina di libro che hai scritto e che rileggerò con piacere. Soprattutto adesso che a biliardino non gioca più nessuno. Grazie per quello che sei stato, in maniera unica, straordinaria, stravanata… una goduria, sia per la nostra sardità che per il nostro animo che combatte e descrive con cultura e ironia le nefandezze di questo mondo o di questa Sardegna o di questo Cagliari Calcio. Vorrei abbracciare tua moglie e tuo figlio che ti hanno accarezzato e sopportato quasi tutta la vita ma soprattutto abbraccio i tuoi cari amici Rossano Farci e mio fratello Paolo Porcella che ti hanno accompagnato fino all’ultimo alle partite del Cagliari in TV, alle pichettatte tra becciusu e alle riunioni serie di “Riprendiamoci la Sardegna”. Anche lì hai dato il cuore con la sincerità e lo stile tutto tuo. Maistru scrittori, grazie ancora del patrimonio che ci hai lasciato, rimarrà con noi. Àndara beni. Mc Porc from Tampa. PS A chi ce l’ha… postatemi il suo sorriso sornione please”.

Lo scrittore Matteo Fais a facebook affida un brano di Nino Nonnis che parla del padre: “A Nino Nonnis, il poeta sardo, debbo anche la prima versone in prosa di mio padre. Prima che io tramutassi mio padre nel modello di tutti i padri dei miei romanzi, fu il compianto Nino Nonnis a raccontare di quella folle figura di genitore che, mio malgrado, mi sono ritrovato come antagonista nel complesso di Edipo (per intenderci, è quello in piedi sulle spalle dell’amico, in spiaggia). Peraltro, lo chiama proprio con il suo nome di battesimo. Ecco come lo descrive: “Gianmario, detto Nembo Kid, non giocava quasi mai, veniva ogni sera, più che stringere amicizie esclusive gli piaceva conoscere molta gente. Anche lui aveva i suoi pallini. Quando ti catturava ti spiegava le cento maniere facili per fare soldi e aveva un modo talmente entusiastico di parlartene che finivi per aderire alle sue iniziative mentali. Anche io sono rimasto spesso affascinato dalle speranze che lui mi dava gratuitamente. In questo modo, il giorno dopo una chiacchierata con lui, tutti parlavano di società per allevare lumache, di pubblicità sui pacchetti di fiammiferi, ritiro di carta vecchia a domicilio, allevamento di lombrichi, catene varie di Sant’Antonio. E siccome la concorrenza stimola il mercato, eravamo tutti pronti a metterci in concorrenza… tra di noi. Temevamo solo che lui mettesse in pratica le sue idee da solo e dimostrasse la nostra inettitudine, il nostro scarso spirito di iniziativa, che ci faceva entrare di diritto nell’associazione degli ammincati. Per fortuna o per altro, lo fregava sempre nell’attuazione di questi affari qualche piccolo intoppo, come la non disponibilità di qualche ettaro di terreno, la mancanza di mezzi di trasporto, due o tre camion, i soldi per le marche da bollo della domanda al Comune. Ha fatto l’impiegato statale, serio e puntuale come il suo stipendio, ma sicuramente cerca ancora di mettere su qualche società coi colleghi. Ecco perché quello dove lui lavorava era l’unico ufficio dove si respirava una strana euforia”.

Il regista Peter Marcias: “Tanti film insieme (“Benvenuto Khalid”, Dimmi che destino avrò”, “La nostra quarantena”), tante chiacchierate, tantissime risate e riflessioni su tutto. Amico Nino Nonnis mi mancherai. La cultura sarda è in lutto”.

Francesco Casula, storico e scrittore: “Nino Nonnis ci ha lasciato. Troppo presto. Lasciando un grande vuoto. Dolore e costernazione nei familiari, nei parenti ma anche negli amici e in chi lo conosceva. Una perdita immane per l’intera cultura sarda. Sindiese e non solo di nascita. In una Intervista ha infatti detto: ”Io mi sento sindiese, perché a Sindia ci sono nato e ho respirato storie e miti che cerco di trasmettere a mio figlio. Conosco bene i nomi e so chi era Ciolino e Potente. Anche se me lo chiedessero a New York direi che sono di Sindia”. Quando capitava che mi presentasse ai suoi amici diceva: ”Questo è Frantziscu, marito di mia cugina Flavia, anche lei di Sindia”. E bastava così! Ma oltre che di Sindia era e si sentiva di Cagliari, dove ha vissuto quasi tutta la sua vita e conosceva, parole sue “un sacco di gente, balordi e plurilaureati” che lo chiamavano come esperto di cagliaritano! Io direi della cagliaritanità. Soprattuttto di quella popolare e popolana. Nino era un artista poliedrico: attore e autore teatrale e cinematografico, scrittore e romanziere. Ed era, a mio parere, soprattutto grandissimo affabulatore: che creava, nell’ascoltatore uno stato d’incanto e di divertimento. Grazie soprattutto alla sua ironia, al gusto del motteggio e della battuta scherzosa, della canzonatura: che raramente sfociava però nello scherno. La sua era, per così dire una satira oraziana che denotava una grande umanità e mai cattiveria. “Del sacco di gente, balordi e plurilaureati” specie cagliaritani, che ben conosceva, rappresentava icasticamente gli elementi paradossali e ridicoli, il potenziale umoristico, attraverso una forte e travolgente caratterizzazione: pungente ma sempre bonariamente. Ma, ripeto è soprattutto l’ironia la caratteristica peculiare che alita in tutti i suoi scritti (persino nei suoi gustosissimi commenti calcistici!), nel suo conversare, nella sua stessa vita: ironia che preferisce anche all’indignazione e all’invettiva; allo sberleffo satirico e all’aggressione verbale. Ironia che riusciva ad esprimere grazie a un doppio registro linguistico, ricco e colto: il sardo, nella doppia versione, logudorese e campidanese e l’italiano. Devo dire che nel suo “Raccontare” era più efficace e caustico nella versione campidanese, che ben conosceva e padroneggiava egregiamente: una lingua carica di deflagrazioni umoristiche e dalle grandi capacità allusive, impregnata di immagini ardite, di metafore, di parabole, di simboli e di proverbi, di dicius e di battute, anche salaci, di frastimos e di irrocos. Una lingua che divertiva ma nel contempo insegnava. E, se mi è concesso fare un riferimento classico, anche Nino, come Orazio: ridendo castigat mores. Ma sempre senza insistenze moralistiche. Ciao Nino e chi sa terra ti siat lebia”.

Anche il suo Cagliari Calcio che seguiva dai tempi di Gigi Riva, gli ha dedicato un twitter: “Addio a Nino Nonnis, patrimonio enorme di cultura e ironia su tutto ciò che è Sardegna, Cagliari, il Cagliari”.

Antonio Lai, giornalista, aggiunge il suo personale ricordo: “Credo fossimo buoni amici. Si cenava spesso insieme. Facevamo entrambi parte di una cricca di persone in cui io sono il giovanotto del gruppo. A Nino bisogna riconoscere che ha preso seriamente la sua attività di scrittore conferendo grande dignità al genere. In una terra in cui tutto ciò che è frutto dell’attività intellettuale è operazione più che altro hobbistica, non è facile andare avanti ottenendo i risultati che lui ha ottenuto. Bisogna ricordarlo con allegria, credo avrebbe detestato immaginarsi compianto… sicuramente si sarebbe toccato i c… come spesso faceva per esorcizzare battute e frasi ‘pindaccesche’. Nino è stato uno che ha ricordato di vivere e quindi viveva a rotta di collo. Ma soprattutto ha saputo raccontare. Che è un dono ad appannaggio di pochi”.

Chiudo questo lungo ricordo con un suo scritto pieno di poesia. Anche nel parlare di un cane, riesce a toccare vette di letteratura.

SI CHIAMAVA PIBIRI – Editoriale di Nino Nonnis (Zooroastro)

“Me l’ha raccontata l’amico Maurizio e voglio riferirla. È la storia di un cane e del suo padrone, un regista conosciuto, genovese, con un cognome genovese, che viveva a Cagliari, città che ha amato e vissuto intensamente. Il suo cane si chiamava Pibiri, sardo con un cognome sardo, che significa pepe. Per cui quando voleva che gli passassero il pepe doveva dirlo in italiano altrimenti arrivava il cane.

Posso dire che vivessero in simbiosi, come succede a molti. Lui se lo portava sempre dietro e quando Pibiri si annoiava lo riportava via. Come lo capiva che era annoiato? I cani non sbadigliano, Pibiri faceva un leggero abbaio di segnalazione e il suo amico era sempre d’accordo, in qualche caso se ne convinceva, in altri era una buona scusa per non offendere nessuno. Pibiri aveva l’eccezionalità che il suo padrone gli riconosceva, buone proporzioni, muso simpatico, invadenza suggerita, per il resto non so quali danni abbia creato.

Perché un cane richiede degli impegni, e gli impegni richiedono grande amore, che a ben pensare nascondono anche una grande riconoscenza continua.

Un male improvviso, in un solo mese ha colpito il suo padrone, che è stato ricoverato a Genova, dove qualche giorno fa ha terminato la sua vita interrotta, negli ultimi tempi, tra brevissimi squarci di lucidità assente da sofferenze. E in questi, io immagino, ma ne sono sicuro, che il suo pensiero sia andato a Pibiri, anche a lui, il suo compagno fedele di una vita, che non ha potuto salutare per l’ultima volta, né dirgli due paroline, perché era stato affidato a qualcuno che potesse accudirlo.

Ma a un cane non puoi fare discorsi, promesse, trattenere una illusione, risarcire con affetto una mancanza a cui non è abituato. Una mancanza che non era un ritardo, un lasso di tempo risaputo, un’abitudine. Pibiri si è lasciato morire e infatti ha preceduto il suo padrone, come faceva spesso per brevi tratti per tornare poi accanto ai suoi passi. Lo ha preceduto, perché non aveva più il gusto alla vita, non palpitava più per un suono di campanello o una voce dal corridoio. Questa volta non l’ha avvisato delle sue intenzioni, non c’era”.

Nino Nonnis, Marcello Polastri, Vincenzo Di Dino, Antonio Romagnino, Angelo Pili
Nino Nonnis, Marcello Polastri, Vincenzo Di Dino, Antonio Romagnino, Angelo Pili
Nino Nonnis; Giuseppe Luigi Nonnis
Giuseppe Luigi Nonnis, Vincenzo Di Dino, Nino Nonnis

Autore

2023-03-27
0 0 voti
Article Rating
Iscriviti
Notifica di
guest

0 Commenti
Il più vecchio
Più recente Più votato
Feedback in linea
Visualizza tutti i commenti