L’uomo scheletrico, la donna eterea e l’alter Diego: “Lo scrittore eterno muore ogni quarto d’ora” di Diego Cocco

Diego Cocco è un diamante nel deserto, una calamita per lettori annoiati dalle opere ordinarie, dalle storie viste e straviste sugli scaffali di librerie e biblioteche.

Diego Cocco nasce poeta e si sa, chi nasce tondo non muore quadrato. Porta la poesia nel romanzo, amalgama gli ingredienti con maestria, ed il risultato finale ha il sapore agrodolce del migliore Bukowski.

Diego Cocco è nato a Valdagno, Vicenza. Ha 38 anni, ed un cervello databile fra i 13 e gli 82. Dopo buona parte di vita spesa sui libri ha deciso di mettersi a scrivere. Per gioco, per salvarsi dalle bruttezze della società, come diversivo ad una vita che sta per cambiare radicalmente. E’ il 2010, e sta per diventare padre. E’ in cerca di qualcosa che anticipi le complicazioni del nuovo stato, un impegno nuovo e coinvolgente, il giusto sfogo per quella moltitudine di emozioni.

Dopo aver discusso svariati mesi di letteratura con un amico, decidono di tentare il primo esperimento: un thriller scritto a quattro mani.

 

Diego Cocco, come va avanti questa storia?

Successivamente ho iniziato a cospargere il web di racconti, a partecipare a innumerevoli concorsi letterari, a crearmi castelli di carta prima e a usare il fiammifero poi. I riconoscimenti sono arrivati, ma non sono serviti a granché.

Ho proseguito a stritolare la mia anima già sofferente con la poesia. Lavoro con una macchina da scrivere degli anni venti. E’ come avere picconi e dinamite: sto aprendo la mia strada e non so ancora se mi porterà a una miniera di diamanti o verso un solitario precipizio. Tutto purché non trovi il deserto.

Amo la scrittura originale, mi piace sperimentare nuovi stili e cavalcare onde differenti rispetto alla calma piatta che ritrovo con dispiacere quando entro in libreria.

Quale ritieni sia il peccato più grave commesso dall’editoria moderna?

Credo che la maggior parte degli autori abbia perso la capacità di osare: colpa dei gusti del pubblico? Colpa dei dogmi delle Case Editrici di questo Paese?

Dopo tanta poesia, parecchi racconti, ecco il tuo primo romanzo, una sintesi dei paradossi del nostro quotidiano: “Lo scrittore eterno muore ogni quarto d’ora”, edito da Edizioni Amande. Chi sono gli attori principali?

L’uomo scheletrico, la donna eterea e il mio alter – Diego. Questi tre personaggi sono i principali artefici della storia/non storia. Insieme colorano il diario quotidiano, l’esperienza di vita di uno scrittore raccontata quasi come un’opera dipinta, rapide pennellate che descrivono la concitazione del vivere in brevi frammenti. Spesso mi piace fare riferimento al capolavoro di Van Gogh “Campo di grano con volo di corvi”: righe che scivolano via come uccelli spaventati da qualcosa di terribile, le abitudini quotidiane, e volano in alto per aggredire e scuotere le coscienze dei lettori. Le mie sono parole vivaci che lasciano il segno, non c’è una descrizione degli ambienti perché ho preferito sacrificare la scenografia per esaltare gli stati d’animo dei personaggi.

Il tuo romanzo è un continuum fra prosa e poesia. Come descriveresti la tua produzione poetica?

Le mie poesie sono trascrizioni articolate delle sensazioni che la vita mi trasmette ogni giorno. In un certo senso “Lame senza memoria”, la mia prima raccolta, è l'opera più semplice e diretta. Con “Il collante dell'umanità chiamalo dolore” ho iniziato invece un percorso più introspettivo, di autoanalisi. Nelle poesie ci sono uomini che hanno perso il senso del vivere, che portano avanti un'esistenza superficiale, e ci sono donne che puntano soltanto al lato estetico, trascurando quello intellettuale. Mi diverto a inserire metafore tristi e ad alternarle con momenti di ironia. Per quest'ultima raccolta sento spesso dire che alcune poesie risultano di difficile comprensione, ma come già ripetuto altre volte con questa silloge ho voluto premere un po' di più sull'acceleratore, credo faccia parte della personale maturazione come autore.

 

Come ogni opera d’arte, le tue poesie non andrebbero “spiegate”, ma spesso è ciò che la maggior parte delle persone tenta di fare. Che rapporto hai con l’analisi dei tuoi scritti?

Voglio confessare una mia peculiarità: non sopporto che qualcuno mi chieda il significato di una poesia, è come se fossi costretto a togliermi il cuore dal petto e a mostrarlo ai quattro venti. La nudità interiore mi terrorizza.

Le mie poesie sono passaggi diretti, taglienti, righe di questo tipo:

Sembra essere tutto in ritardo; perfino l'Apocalisse continua a consegnare fogli bianchi.

Ridi, sbracciati, chiedimi come stai. Io ti aspetto sul bordo.”

E ancora:

Una madre ha appeso sette fantasmi

(uno per ogni finestra)

e il cane furbo

si diverte a mettere più paura di loro. Li strappa con un salto e ne conserva soltanto la testa.

Io cado in ginocchio in cerca di un Dio inevitabile.”

Che senso avrebbe “spiegare”?

A quale pubblico si rivolge “Lo scrittore eterno muore ogni quarto d’ora”?

Il libro si rivolge a un pubblico maturo, in particolar modo a quei lettori che non hanno fretta di arrivare alla fine. È un romanzo da centellinare, proprio per darsi il giusto tempo per assimilare tutte le sfumature contenute. Se letto tutto d'un fiato c’è il rischio di restare travolti e magari di stancarsi presto della particolare musicalità dei paragrafi. Diciamo che è un libro Gran Riserva, impegnativo, adatto per le serate con cioccolata calda e caminetto acceso, seduti però in mezzo alle fiamme a osservare il divano vuoto.

Quanto c’è di autobiografico nel testo?

Buona parte. Ci sono spunti che riconducono senza dubbio alla mia attività di scrittore, alla vecchia macchina da scrivere a alle notti insonni, quelle notti che mi portano le idee migliori e che per pigrizia, stanchezza, gelosia decidono di rimanere lì. Sarebbe il mio più bel libro di sempre.

La quotidianità che si snoda dalla prima all'ultima pagina certamente mi appartiene, ho il mio uomo scheletrico anch'io che mi segue per rubarmi il posto nella fila della vita, e poi ci sono la follia delle strade, l'inutile corsa verso la fabbrica o l'ufficio, le 10 o 12 ore impiegate a convincersi di aver fatto qualcosa di buono e lo stressato ritorno a casa per ricominciare tutto daccapo.  Uno dei miei stimoli è proprio il senso di responsabilità distorto degli uomini.

Quanto è difficile per un autore emergere dalle nebbie dell’anonimato?

Per prima cosa bisogna avere la fortuna e la pazienza di trovare la casa editrice che creda nel tuo progetto, che lo supporti e che ti sopporti. Le più importanti C. E. italiane sono assorbite dai titoli di punta e dai dati di vendita. In pratica fanno il bello e il cattivo tempo portando in libreria quello a cui il pubblico è abituato: in questa maniera i rischi sono minimi e il successo, grazie anche a pubblicità e distribuzione, quasi assicurato. Credo che per un autore emergente sia importante trovare una casa editrice disposta soprattutto a mettersi in gioco, puntando magari sulla qualità e l'originalità delle proposte, ma io sono un sognatore.

E’ difficile incontrare la collaborazione delle librerie?

L’approccio delle librerie è il primo ostacolo di uno scrittore emergente. Sembra assurdo ma per il 90% dei casi è così. Nella mia esperienza mi è capitato spesso di trovarmi di fronte a risposte del tipo: “Non faccio presentazioni di autori esordienti per motivi di spazio; l'angolo dei bambini verrebbe sacrificato ed è quello che vende di più”.

Un altro esempio vissuto sulla pelle qualche tempo fa: in una grande libreria ho scovato il mio romanzo semi – sepolto nello scaffale vicino allo sgabuzzino delle scope. E ancora, un libraio una volta ha esposto il mio libro dopo due settimane da quando era stato distribuito e solo grazie alla mia perseveranza. Lo conservava dentro al cassetto, forse per timore.

Perché non aiutare i disperati? Perché i disperati non vendono. Il Dio Denaro comanda anche qui.

Ricordi un aneddoto particolare legato ad una tua opera?

Ricordo sempre con piacere la genesi della prima poesia di “Lame senza memoria”.

Un'anziana signora venne a casa mia con un uovo in mano, mi fece uscire e disse:

“Lo vuoi vedere il Basilisco?”

Ruppe l’uovo contro un sasso e mi mostrò divertita l’assurdo serpentello giallo. Rimasi a fissarlo per ore, poi decisi di provare con la poesia.

A parte questo, non mi piace soffermarmi molto sui lavori passati. La pagina successiva aspetta di essere scritta, è convinta di essere la migliore, e io vivo lì dentro.

 

E’ in preparazione qualche altro lavoro?

Sì, sto lavorando in parallelo a una nuova raccolta di poesie e al prossimo romanzo. Sarà una storia d'amore assurda ,quindi molto vicina al reale. Sono circa a metà dell’opera e mi sento come se Charles Bukowski e Allen Ginsberg avessero deciso di fare qualcosa insieme; lo stile che sto usando è ispirato proprio a questi due grandi autori.

Dove possiamo trovare il tuo romanzo?

Come tutte le mie precedenti pubblicazioni, “Lo scrittore eterno muore ogni quarto d’ora” è disponibile sulle principali piattaforme online e nelle migliori librerie. 

Autore

2017-12-15

Comments are closed, but trackbacks and pingbacks are open.