CORONAVIRUS, A RISCHIO LA SALUTE DELL’ECONOMIA

In Italia non è ancora finita l’emergenza sanitaria ma si inizia a pensare alla salute dell’economia, non sempre in modo corretto però. Vediamo alcune possibili soluzioni.

Leggero calo dei decessi in Italia. Forse al Nord si inizia a vedere la discesa. Al Sud è presto per dirlo. Probabilmente contagi e morti aumenteranno ancora. Dobbiamo continuare a prendere le precauzioni come spiegato in questo video (Leggi qui)

Nel resto del mondo le cose non vanno meglio. USA primi al mondo per contagi. Anche la Spagna ci ha superati e la Gran Bretagna è quarta, col premier Boris Johnson ricoverato in ospedale. Dopo la Brexit è a rischio “exit” anche lui che inizialmente ha sottovalutato il coronavirus e ha detto cose spaventose ai britannici come quella di abituarsi all’idea che sarebbero morti molti familiari dei sudditi di sua maestà ma che questo avrebbe favorito l’effetto gregge. Un campione di insensibilità. Ma vediamo lo stato dell’economia. Un disastro? Forse, ma mica l’Italia è sola in questo. Tutto il mondo è in ginocchio e i PIL crollano in modo verticale dappertutto. Tanto che USA e altri paesi, proveranno a immettere migliaia di miliardi nelle loro economie per farle ripartire. Anche l’Europa proverà a fare la stessa cosa? Forse sì. Lo dice anche Roberto Castaldi in un’intervista a RaiNews24 che potete vedere in basso e in un articolo de L’Espresso (Leggi l'articolo ). In attesa che l’Europa prenda una decisione storica, il Governo italiano ha messo in campo alcune cose ben riassunte nel box di Noemi Sabiucciu (Leggi l'articolo).

In caso di crisi finanziaria di uno Stato e secondo me, piccolo, il MES o Fondo Salva Stati, avrebbe potuto funzionare a determinate condizioni. Ma qui la situazione coinvolge diversi Stati e pure grandi. Un Fondo di quel tipo non servirebbe a nulla, oggi. La situazione pregressa di uno Stato non deve entrare in discussione. Conta solo il dramma del coronavirus. Già la morte improvvisa di migliaia di persone inciderà pesantemente in molte situazioni economiche familiari. Ma lo stop duraturo di tutte le attività produttive o quasi, potrebbe mettere in ginocchio moti settori. Prendiamo il turismo, per esempio. L’Italia è uno dei paesi più visitati al mondo. Ma se le frontiere interne ed esterne sono bloccate e chissà per quanto ancora, questo settore, già in crisi, lo resterà per lungo tempo e con esso tutto l’indotto. Nel momento in cui si potrà nuovamente uscire il naso fuori di casa, oltre frontiera compreso, il settore ripartirà meglio di prima. E siamo sicuri che tutti i settori siano fermi? Lo spettacolo, lo sport, la ristorazione, forse sì ma mangiare si deve comunque e quindi gli alimentari (a parte la raccolta dei pomodori che non può più sfruttare i migranti come prima) si vendono in egual modo. E che dire del settore farmaceutico e paraospedaliero (mascherine, tute, respiratori), stanno facendo affari d’oro e ci sarà un rilancio duraturo perché avremo bisogno di mascherine per molti mesi ancora. Ma se crolla il petrolio e il mercato dell’auto, dovrebbero crollare anche i costi delle assicurazioni: chi fa incidenti se nessuno può uscire per più di una volta alla settimana per percorrere duecento metri? Mi aspetto che abbiano la decenza di fare grossi sconti tipo dimezzare il costo dell’assicurazione. E che dire della criminalità? A parte quelli che hanno provato a destabilizzare l’ordine pubblico rubando in supermercati, dovrebbero crollare tutti i tipi di reati, salvo forse femminicidi (o più generici omicidi in famiglia). Ma chi va a rubare in abitazioni o in banca, di questi tempi? E non puoi neanche nasconderti in mezzo al traffico perché inesistente!

Tempo fa mi arrivò un messaggio di quelli catastrofici che minacciava la chiusura di tutto, cosa che poi si è avverata, compresa la Borsa. Anzi le Borse. Perché il post prevedeva (giustamente) la chiusura di tutto, Borse comprese. Sappiamo che da tempo hanno perso il ruolo fondamentale di procurare risorse per le aziende rastrellando i fondi dai risparmiatori privati. Ma ormai questo ruolo è totalmente desueto. Oggi chi gioca in Borsa lo fa per speculare. Qualcuno afferma che la Borsa sarebbe il “termometro” dei mercati (non fate facili battute volgarotte perché vi vedo). Ammesso che questo sia vero e sappiamo che non lo è perché le azioni sono in mano a banche, multinazionali e miliardari che fanno il bello e il cattivo tempo mandando in crisi i piccoli azionisti, mi spiegate perché se tutto è fermo, l’economia, il lotto, i trasporti, i parlamenti, le scuole, devono restare aperte solo le Borse? Che te ne fai del termometro se sai che l’organismo ha la febbre da settimane? Cosa deve misurare? E infatti, grazie anche a messaggi più o meno mirati o più o meno improvvidi, le oscillazioni nelle Borse mondiali hanno bruciato migliaia di miliardi che si sarebbero potuti utilizzare più proficuamente in attrezzature sanitarie, in reddito di emergenza per chi non ha i paracadute del settore pubblico e privato. Invece si consente ancora di tenere le Borse aperte. Pensate che bello sarebbe stato invece se oltre al calcio, coppe comprese, alle Olimpiadi, a tutti gli avvenimenti sportivi, ai festival culturali, all’economia reale, anche le Borse avessero mandato il messaggio di speranza: “c’è il coronavirus, si ferma tutto per uno o due mesi. Bene ci fermiamo anche noi. Ci vediamo tra tre mesi ripartendo da qui”.

Invece no. E’ tutto fermo ma le Borse no. Continuano a fare affari al limite del lecito magari scommettendo sulla chiusura di questa o quella azienda. Pensate ai mercati dei trasporti, dal crollo del petrolio, superato anche dal grano, a quello dell’auto o a quello delle compagnie aeree (ma per queste ultime possiamo anche non preoccuparci tanto non ne abbiamo più).

A Borse ferme, non sarebbe successo niente. Avremmo dovuto pensare solo a sostenere il reddito delle famiglie (e non delle aziende o delle banche, come dice Antonio Tajani, che tanto sono ferme anche loro): se non parte la domanda, l’offerta è inutile o quasi.

Ben vengano i coronabond, diversi dagli eurobond, perché andrebbero a sostenere non tutta l’economia, ma solo quella stravolta dal CoViD 19.

Bene anche il sostegno alle aziende nazionali (nazionalizzazioni comprese) se serve a non farle catturare da potenze straniere che poi sappiamo cosa ne fanno (vedi acciaio o grande distribuzione).

Un altro progetto che reputo interessante è quello di sostenere l’economia dando un reddito di cittadinanza più esteso, un reddito di emergenza. Perché tutti dobbiamo vivere, anche quei disoccupati che fanno lavoretti per mettere insieme il pranzo con la cena.

Positivo anche quello che si sono inventati in alcuni comuni con i buoni spesa o con una moneta parallela locale come a Policastro (vedi link qui:).

Mi auguro che l’economia, a coronavirus cessato, non sia più quella di prima. Che sparisca il numero chiuso dalle Facoltà di Medicina, che aumentino i posti letto nella sanità pubblica, che i medici e gli infermieri vengano attrezzati degnamente per il loro prezioso lavoro, che le mascherine o altri beni vengano prodotti localmente e non si debbano importare da fuori, aspettando tempi biblici.

Anche perché di crisi simili ne vivremo altre. Tanto vale attrezzarsi. Chiudo con una citazione di Noam Chomsky che dice in poche parole quello che dobbiamo sapere del sistema in cui viviamo: “In generale, questa crisi è l’ennesimo, importante esempio del fallimento del mercato, proprio come lo è la minaccia della catastrofe ambientale. Il governo e le multinazionali farmaceutiche sanno da anni che c’era la forte probabilità di una grave pandemia, ma siccome non giova al profitto prepararsi a questa eventualità, non si è fatto nulla”.

 

Videointervista di Roberto Castaldi:

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2020-04-06

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