Il tempo della verità: “The Mission” di Matteo Porru

All’ospedale Bambino Gesù di Roma quattro ragazzi, Martina, Alessio, Alice e Virgilio condividono lo stesso destino di degenti inconsapevoli. I grandi ci provano a gestire la situazione, ma in maniera maldestra: nessuno di loro sa davvero che cos’abbia, quanto sia grave la situazione. Le pareti disegnate, i pupazzi, la grottesca allegria degli adulti attorno a loro li proietta in uno scenario surreale. Nessuno si rende conto che quei bambini cresciuti troppo in fretta desiderano solo sapere la verità, che tenteranno in ogni modo di scoprire.

E’ un punto di vista inaspettato, una prospettiva inattesa quella che Matteo Porru nel suo “The Mission” propone al lettore.

Matteo è nato a Roma nel 2001. Attualmente vive a Cagliari, dove frequenta il liceo classico Dettori . Quattordici libri all’attivo pubblicati in formato digitale, esordisce in libreria con la sua quindicesima fatica edita da La Zattera Editore.

Matteo, qual è la circostanza per la quale ricordi di aver Scritto la prima volta?

Devo fare un bel salto indietro nel tempo: il primo ricordo che ho ben chiaro in mente risale a otto anni fa, avevo 8 anni. Mio padre mi aveva portato al cinema per vedere “Sherlock Holmes”. La mia maestra di italiano il giorno dopo, come traccia del tema, ci aveva chiesto di inventare una storia thriller. Ero al settimo cielo. Incrociai Holmes con “Assassinio sull’Orient Express” di Agatha Cristie. Il risultato fu meraviglioso. Ricordo ancora l’emozione di aver scritto quel testo. E, vai ad immaginarlo, quella prima esperienza con la narrativa forgiò quello che, diversi anni dopo, sarebbe diventato il mio stile di scrittura: semplice ed emotivo.

Quali sono i libri che il Matteo lettore considera i più importanti della sua vita?

Ce ne sono parecchi. Per la narrativa sicuramente “Tre volte all’alba di Baricco”; per il thriller “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie; “Io non ho paura” di Nicolò Ammaniti; il Faust, “Il vecchio e il mare” di Hemingway, “Il gabbiano Jonathan Livingston” di Bach, passando anche per “Fai bei sogni” di Gramellini (l’unico libro che mi ha fatto piangere), “Padre padrone” di Gavino Ledda. Tutti i libri che un lettore legge lasciano qualcosa dentro di lui. Non mi sento di dirti che siano i più importanti, forse perché uno veramente importante non l’ho ancora letto. Sono sicuro che leggerò un libro che cambierà la mia vita; succede a tutti.

Il tuo “The Mission” è ambientato a Roma, tua città natale. Quanto tempo hai vissuto nella capitale e quali ricordi conservi?

Non ho vissuto tanto a Roma, ma ne conservo un bellissimo ricordo. Costantemente. Quando mi capita di pensare al mio passato, i ricordi vanno o all’Urbe o a Venezia, dove ho il ramo originario di mia madre. Probabilmente, se Roma potesse animarsi, mi darebbe un solenne ceffone per come l’ho descritta in The Mission. E’ una città difficile da capire: è vecchia, rancorosa, generosa e menefreghista per quello che vuole lei, abitudinaria e difficilissima da distogliere da qualcosa. Però si commuove ancora. E questa è la cosa più importante.

Sul sito della casa editrice, “The Mission” rientra nella categoria “storia vera”. E’ così? E se si in quale misura?

Sì, è una storia vera. Molte storie hanno un rimando alla vicenda di The Mission, la mia in primis. Ma non è un’autobiografia. Questo è un romanzo e una storia a sè. È una storia, ahimè, verissima, perché ci mette davanti a una situazione che spesso viene trascurata, ovvero come i bambini reagiscono ai traumi, in particolar modo quelli legati ai problemi di salute. Verità o bugia? Questo è il perno del romanzo.

Per uno scrittore emergente non è sempre semplice incontrare un editore che creda in lui. Com’è avvenuto l’incontro con “La Zattera” Edizioni di Alessandro Cocco?

Io e Alessandro siamo sì scrittore ed editore, ma abbiamo un meraviglioso legame di amicizia. Ci siamo conosciuti due anni fa a maggio durante una manifestazione culturale. Lui con i suoi libri (aveva aperto la casa editrice da pochissimo) e io con i miei. Lui rimane stupito da parecchie cose che poi mi avrebbe raccontato tre mesi dopo in un lungo messaggio, alla fine del quale mi propone di pubblicare con lui. Quel giorno non lo dimenticherò mai. Abbiamo iniziato a lavorare su The Mission (che tra l’altro aveva già una prima stesura) e La Zattera lo ha avuto a marzo. Due mesi dopo avrebbe avuto inizio un viaggio meraviglioso.

Il tuo grande talento e la tua giovanissima età fanno di te un autore promette e parecchio impegnato. In cosa senti che la tua adolescenza stia pagando pegno e di cosa invece sei entusiasta?

Non sono come gli altri ragazzi, di questo ne sono pienamente consapevole. È difficile per me avere rapporti con persone che hanno interessi diametralmente opposti ai miei. Posso dirti che ho perso un’infanzia e un quarto di adolescenza. A volte mi dicono che devo rallentare. Ma quando hai un certo ritmo poi non solo non puoi, ma non vuoi neanche perderlo. E poi ci sono stati i momenti difficili, quelli in cui pensi di mollare. Del mio essere strano ne ho fatto un’arma e un pregio enorme.

I tuoi romanzi vengono definiti “psicologici”. In cosa ritieni lo siano?

Nel senso greco del termine psichè: io analizzo l’animo dei miei personaggi. Dico sempre che non scrivo con le parole, ma con le emozioni. Quando ideo un personaggio, prima ne delineo il carattere, le abitudini, gli amici cari e quelli che non lo sono tanto. Le passioni, le paure, le inezie stupide ma che non abbandonerebbe mai. L’anima è una cosa fondamentale. Ed è quella che deve avvolgere il cuore di un lettore.

The Mission” racconta l’angoscia dell’essere tenuti all’oscuro della realtà, persino quella che ci riguarda in prima persona, percependo l’ambiente circostante come finto, grottesco e surreale. Hai mai avuto questa sensazione nel tuo vissuto personale?

Certo, è difficile che un autore scriva di emozioni che non ha mai provato. Sensazioni simili le ho provate in parecchi contesti: vita privata, scuola, politica stessa. C’è sempre la sensazione che non si sappia mai la verità nelle cose, come nella vita in generale. Il dubbio che mi è venuto mentre scrivevo The Mission è che ognuno di noi, spesso, non sa veramente chi è, e non basta una vita per capirlo.

Hai mai pensato ad una trasposizione cinematografica dei tuoi testi?

Altroché. Ho adattato The Mission con l’idea di portarlo a teatro. L’idea di una trasposizione teatrale o cinematografica è sempre molto impegnativa. Una sceneggiatura teatrale è pronta. Al momento non si è presentata un’occasione per portare The Mission sul grande schermo, ma confido che possa essere attuata.

Sono previsti degli appuntamenti per la presentazione del tuo libro?

La tournèe è iniziata a giugno. Abbiamo girato la Sardegna e ho incontrato centinaia di lettori. Siamo andati anche a Venezia e in futuro ci saranno altre presentazioni sia sull’isola che in “continente”. In questo periodo, in concomitanza con la scuola, ho dovuto ridurre gli incontri.

C’è già un altra opera in lavorazione?

Uscirà sempre per La Zattera. Sarà un romanzo basato sul rapporto padre-figlio. È in pieno cantiere, ogni tanto cadono ancora calcinacci, ma stiamo iniziando a mettere i primi strati di malta per saldarlo un po’. Non vi so dire la data di chiusura dei lavori, ma posso dire che dovrebbe uscire con tutta probabilità l’anno prossimo.

https://matteoporru.com/

http://www.lazatteraedizioni.net/the-mission-di-matteo-porru/

 

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2022-03-31

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