CHE BELLO, E’ TORNATA LA POLITICA!

Pier Ferdinando Casini e Tommaso Labate hanno presentato i loro libri a Cagliari. Giovanni Donzelli alla Scuola di Formazione Politica dei Riformatori Sardi. Le file ai gazebo delle primarie del PD. La società civile alle manifestazioni “Europe for peace” e “Friday For Future”. La prima panchina blu dell’Europa in Sardegna e la mostra “Madri fondatrici d’Europa” a Elmas. I ragazzi del Liceo Scientifico Alberti che difendono la loro scuola…

Che bello, è tornata la politica! Così sembra. Dopo le regionali di Lombardia e Lazio che hanno visto una percentuale di astensione molto elevata, mettendo in pericolo la tenuta democratica del paese, ci sono segnali che non tutto è perduto. Vediamone qualcuno.

Giovedì 23 febbraio la sala conferenze “Angelo Rapetti” nella zona industriale di Elmas è piena di… commercialisti e non solo per ascoltare uno spiritoso Pier Ferdinando Casini che presenta il suo primo libro “C’era una volta la politica. Parla l’ultimo democristiano”. A introdurlo sono due testimonial di successo che, si vede da come ne parlano, hanno letto il libro. L’ex ministro per l’Ambiente Gian Luca Galletti e il consigliere regionale Massimo Zedda, già sindaco di Cagliari.

“Un libro di memorie ma non di nostalgie” dice Pier Ferdinando Casini, dal quale “traspare passione per la politica, l’amore per Bologna e la DC, la fede e la militanza laica, la stima degli avversari, l’alta concezione dello Stato” aggiunge Massimo Zedda. “Perché non hai mai voluto fare il ministro?” gli chiede Gian Luca Galletti.

Un fiume in piena, Pier Ferdinando Casini racconta alcuni episodi della sua lunga carriera politica di oltre quarant’anni di presenza parlamentare. Ricorda quando nel 1975 era in Sardegna per un Congresso dei Giovani DC dove i pezzi da novanta si chiamavano Ariuccio Carta e Lucio Abis. Racconta dei suoi rapporti con Francesco Cossiga, l’ammirazione per Nilde Iotti, l’appoggio avuto da Vittorio Sgarbi e Vanna Marchi alle ultime elezioni.

Indossa delle bretelle tricolori quello che avrebbe potuto diventare Presidente della Repubblica al posto del secondo mandato di Sergio Mattarella. Si schernisce, “esistono i Presidenti della Repubblica, non quelli che avrebbero potuto diventarlo” e aggiunge ‘Pierfurbi’ come lo aveva sopranominato Cossiga, che lui si è sentito ripagato da quel lungo applauso bipartisan che i colleghi gli tributarono al suo ingresso alla Camera per quel suo passo di lato.

Spassoso nel raccontare gli aneddoti su Cossiga, Donat Cattin, Marcora, Andreotti, Forlani. Diventa serio e appassionato quando si schiera contro il presidenzialismo perché “quello del PdR è l’unico istituto che ha funzionato e gode dei più alti consensi”. Preoccupato per l’astensionismo, ne attribuisce parte dei motivi ai parlamentari non più legati al territorio dove prendevano i voti ma alle nomine dei segretari. Ricorda quando i politici si formavano come classe dirigente: i DC alla Camilluccia, i PCI alle Frattocchie. E non venivano buttati allo sbaraglio subito in Parlamento ma seguivano un percorso di militanza e di avvicinamento: prima consiglieri comunali, provinciali, regionali e solo dopo deputati e senatori.

Ricorda i momenti più bui attraversati dalla Repubblica superati grazie al sindacato e al PCI che hanno scelto di stare con lo Stato.

Ringrazia Maria Delogu, la sua anziana ex assistente per quindici anni, presente in sala, in prima fila (che spero di intervistare presto), e interrompe gli autografi sui libri solo per andare ad abbracciarla. A fine serata accetta di rispondere anche a qualche mia domanda.

Sabato 25, Hotel Regina Margherita, Sala Castello, la 4^ Scuola di Formazione dei Riformatori Sardi. Molti giovani, amministratori locali, consiglieri regionali e parlamentari e naturalmente i più noti esponenti del partito che si aggirano per la sala a salutare, ricambiati. Paolo Truzzu, sindaco di Cagliari, porge i saluti dell’Amministrazione. Umberto Ticca (qui l’intervista di Tiziana Mori), responsabile della Scuola di Formazione Politica, apre i lavori.

Il primo a intervenire è Tommaso Labate, autore di “Ultima fermata. Il grande intrigo della politica italiana”, intervistato da Incoronata Boccia. Lo schema è collaudato. Sembrano una squadra di pallavolo. Come Alessia Orro, Incoronata Boccia alza la palla e come Paola Egonu, Tommaso Labate schiaccia con potenza e maestria da spiazzare la platea: non sai dove la palla finirà, ma è sicuro che segnerà un punto.

Il libro non è un giallo, si conosce il finale. E mi rendo conto che ho preso troppi appunti. Labate meriterebbe un articolo tutto per lui. Parte dal concetto che la notizia ci riguarda tanto più si svolge vicino a noi. Abbiamo più interesse per un tg regionale che per uno nazionale. E la guerra in Ucraina non fa eccezione. Ci interessa più di quello che succede in un altro continente.

Spara ad alzo zero su Visegrad e il blocco sovranista (del resto il nazionalismo esasperato di russi e ucraini è alla base della guerra). Butta lì una domanda alla platea: “preferite che i giovani si agitino per i social e il bullismo o per la passione politica? Io preferisco che discutano animatamente di politica, senza picchiarsi come è successo davanti al liceo fiorentino”, continua “la democrazia è in crisi, è un bene che se ne parli anche a scuola, meglio uno scontro circostanziato che un encefalogramma piatto. Senza scontro non c’è politica. Un antidoto all’astensionismo”.

Tommaso Labate si sofferma sull’elettorato ‘ballerino’, quello che oscilla da un partito all’altro. Lo stesso che ha fatto provare le montagne russe al M5S, alla Lega e a FdI (personalmente aggiungerei anche il PD di Renzi alle europee).

Il giornalista del Corriere della Sera passa dal bis di Mattarella all’analisi della politica attuale più legata all’elemento umano rispetto a quando i politici erano al servizio di un’idea, di un partito, di una corrente come nella ‘prima repubblica’. “Oggi i politici sono al servizio proprio e c’è la rissa per diventare deputato”.

Poi il ruolo dell’opposizione e la coerenza: “oggi per vincere basta non fare niente e aspettare gli errori di chi governa” è il senso delle sue parole. “La politica non deve fare fatti ma deve avere parole per dare un orizzonte” continua “altrimenti i nostri costituenti avrebbero costruito un ospedale invece di lavorare mesi sulla Costituzione, perché salva più persone la Carta costituzionale, che enuncia principi, di un pronto soccorso”. In definitiva oggi si può governare senza vincere le elezioni come è stato dimostrato dai vari governi alternatisi negli ultimi anni. Fantastica la ricostruzione della caduta del governo Draghi. Mentre appone l’autografo sul libro gli chiedo, a suo parere, Giorgia Meloni chi preferirebbe segretario del PD? “Non ho dubbi” risponde “preferirebbe Elly Schlein!” a suo avviso un filino radical chic e più lontana dalla gente (secondo me, sbaglia).

Sale sul palco Giovanni Donzelli, responsabile nazionale organizzativo di FdI. Il tema sarebbe ‘Le prospettive della legislatura’ ma parla dei mezzi di comunicazione e come questi si siano trasformati asciugando progressivamente il messaggio politico: dai poster e tv di Berlusconi, al blog e piazze di Grillo fino alle foto e social di Salvini. “Poi è arrivata Giorgia Meloni” dice Giovanni Donzelli “che ha portato la coerenza e ha posto fine a quel tipo di comunicazione”. Strappa un sorriso alla platea quando dice che il PD (veramente era il PCI) è passato da ‘falce e martello’ a ‘visa e porcello’ perché difende le carte di credito al posto dei contanti e i cinghiali romani al posto dei lavoratori.

Per il resto è tutto un elogio dell’instancabile Giorgia Meloni che è andata in giro per il pianeta per 65 bilaterali senza interpreti e del PD che “sbatte come una farfalla dentro un bicchiere”. Vuole un bipolarismo e si augura che l’opposizione trovi un leader nel prossimo segretario PD (peccato che i due poli funzionino in modo diverso, un leader serve solo a destra, la conduzione collegiale è più nelle corde del centrosinistra).

Si fa sfuggire che divide casa a Roma con Delmastro (e questo spiega molte cose, compresa la vignetta di Maccox). Ma il nocciolo del suo intervento è nella militanza, da quando distribuiva volantini sotto la pioggia, “perché tutto serve in politica”. Rivendica la gradualità (come Casini due giorni prima) in politica: dall’attività studentesca ai consigli comunali, regionali, Parlamento. Con Giorgia Meloni, ancora acerbi, si presentarono da Gianfranco Fini e gli dissero che “i giovani hanno una posizione diversa sui referendum rispetto ad Alleanza Nazionale”. E Gianfranco Fini accetta che i giovani possano differenziarsi e paga loro anche i manifesti. Confessa il suo amore per Gianfranco Fini che fu responsabile della sua infatuazione per la politica, oltre ai fatti di via dei Georgofili a Firenze, la sua città. Ma si capisce che quello per Giorgia Meloni è un amore ancora maggiore. Racconta del rapporto che la Presidente del Consiglio ha instaurato con Mario Draghi che è ben diverso rispetto a quello che non si è instaurato con Giuseppe Conte. Ammette che la coerenza all’opposizione, diventa moderazione al governo e succede di modificare le parole nei confronti dell’Europa (e tutto il resto) “non siamo contro l’Europa, siamo all’opposizione dell’Europa, come il PD non è contro Cagliari o Pistoia ma è all’opposizione” (non commento che è meglio…).

Donzelli fa poi un discorso sulla crescita di FdI ma evidentemente ignora o fa finta di non conoscere i dati delle regionali nel Lazio. Un’analisi fatta in una recente trasmissione tv affermava che: i voti del centrodestra nel tempo (le ultime tre o quattro tornate elettorali) sono sempre quelli con qualche spostamento da FI e Lega a FdI. Sono le percentuali ad essere cresciute perché l’elettorato di sinistra è rimasto a casa evidentemente non convinto dalle politiche e proposte del PD.

Il merito della Scuola di Formazione Politica dei Riformatori Sardi diventa evidente quando sale in cattedra il professore di Comunicazione Politica alla LUISS di Roma Nicola Bonaccini. Ma che bravo! Sarà per questo che è consulente ministeriale degli ultimi quattro o cinque governi. “Il segreto è stare un passo indietro al politico” dice “suggerire e consigliare ma senza apparire”. Convince la platea in modo facile. Fortunati studenti e politici che lo ascoltano. Spiega come è cambiata la comunicazione politica negli ultimi anni, il ruolo dei social media, lo spessore dei politici nelle varie prima, seconda e terza repubblica. Spiega la differenza tra élite e casta in politica. Incita i politici echi lo vuole diventare, avendo davanti tanti giovani, a studiare (anche perché la comunicazione non sostituisce le competenze).

In una pausa dei lavori chiedo al professor Nicola Bonaccini, alla luce di quello che ha detto, cosa dovrebbe fare il centrosinistra per recuperare consensi? “Semplice” dice il professore “uscire dai comitati d’affari”.

I lavori proseguono con Valentina Grippo, deputata di Azione, Franco Meloni, Tiziana Frittelli, presidente nazionale Federsanità, Giovanni Guizzetti, direttore presso ASST Pavia, Annalisa Mele, consigliere regionale e medico, Giorgio Carboni, DG Asl Medio Campidano, Milos Ajcevic, professore di Ingegneria Biomedica all’Università di Trieste, Paolo Cannas, DG ASL n. 3 Nuoro.

Venerdì 24 febbraio, le piazze si riempiono per Europe For Peace, con la Rete Italiana Pace e Disarmo. Si protesta contro la guerra in Ucraina che dura da un anno.

Domenica 26 febbraio si vota per il nuovo segretario del Partito Democratico nei 5500 gazebo sparsi in tutta Italia. Piove. Si teme una forte astensione. In “finale” arrivano Stefano Bonaccini in vantaggio su Elly Schlein, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’Emilia Romagna (un derby). Stefano Bonaccini, che non è parente di Nicola Bonaccini, più rassicurante ed esperto di governo, Elly Schlein donna, uscita dal PD renziano e poi rientrata quando è uscito Matteo Renzi, potrebbe essere un osso duro per la Giorgia Meloni. Fila nei gazebo, nonostante la pioggia, voterà oltre un milione di persone… forse è tornata la politica, di sicuro la voglia di cambiamento nel PD e vince Elly Schlein.

Venerdì 3 marzo, sciopero globale per il clima: 50 città in tutta Italia, Cagliari e Sassari comprese, aderiscono alla manifestazione di giovani del Friday For Future.

Mercoledì 8 marzo, festa della donna, quale modo migliore per festeggiare con la mostra delle “Madri Fondatrici d’Europa”? Al Comune di Elmas, Aula consiliare, alle ore 18. Mezz’ora prima si inaugura la prima panchina blu d’Europa in Sardegna,in via Sestu, 62, Elmas. Sarà anche l’occasione per firmare la Petizione al Consiglio dell’Unione Europea (mfe.it/petizione) per chiedere insieme al Parlamento Europeo e ai Cittadini della Conferenza sul Futuro dell’Europa (CoFoE) la Convenzione per riformare i Trattati nel senso di una vera federazione europea. La manifestazione è promossa dal Movimento Federalisa Europeo, sezione di Cagliari e aderiscono AICCRE, ACLI Elmas, GFE e Istituzioni scolastiche. Leggi l’articolo).

Giovedì 9 marzo, manifestazione al Liceo Alberti: studenti, genitori, docenti e personale hanno scritto al ministro Valditara per salvare la propria scuola. Qui l’articolo

Forse è tornata la politica…

Autore

2023-03-08

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *